Le circa centosettanta pagine che nella sua Estetica del 1963 Lukács dedica ai sistemi di segnalazione non sono state ancora fatte oggetto non solo di alcuno studio specifico, ma neppure di un’attenta considerazione. La cosa può stupire soltanto chi consideri esteriormente il contrasto fra tale lacuna e la sterminata bibliografia che va invece accumulandosi sugli altri aspetti del pensiero di Lukács. Ma a una riflessione più attenta questa lacuna appare assai giustificabile: gli estimatori di Lukács appartengono tutti a un tipo di cultura filosofica o marxista, o storicista, o idealista, che comunque è del tutto estranea agli interessi della semiotica contemporanea. A loro volta gli specialisti di semiotica sono notoriamente legati, chi più chi meno, a quell’impostazione di studi scientifici che ha fra i suoi progenitori proprio quel neopositivismo che Lukács combattè con tanta acredine e anche ingenerosità giungendo a considerarlo, nel Poscritto a La distruzione della ragione, come «un’apologia diretta del capitalismo». È quindi comprensibile che essi non avvertano alcun incentivo a studiare, o anche soltanto a leggere, le pagine in cui Lukács venne a dibattere proprio nel loro campo di caccia.
Eppure quelle pagine sono degne della massima attenzione e hanno anticipato parecchie delle discussioni che, in questi quasi vent’anni che ci separano dall’Estetica di Lukács, si sono venute sviluppando proprio sui terreni più specialistici della semiologia. A dimostrare la fondatezza di questa tesi è dedicato il presente lavoro. Esso metterà puntualmente a confronto la teoria dei sistemi di segnalazione di Lukács con alcune delle correnti semiotiche e gnoseologiche più importanti che si sono affermate nel corso degli ultimi vent’anni. Da un lato il neobehaviourismo americano dei successori di Skinner, a cui si contrappone la critica semiotica del behaviourismo di recenti studiosi tedeschi come H. G. Bosshardt, d’altro lato la cosiddetta Merkmalstheorie del significato, e i suoi recenti sviluppi in autori come J. Engelkamp, fungeranno da pietre di paragone delle teorie psicologico-gnoseologiche contenute nella semiologia di Lukács. Invece le sue proposte più specificamente semiotiche saranno messe alla prova sia della semiotica formalizzata logicamente di R. Posner, sia della semiologia matematizzante di M. Nadin, sia infine della semiotica più classicamente peirceana di G. Deledalle.
Vent’anni non sono trascorsi invano nel campo degli studi semiotici, a partire dagli inizi degli Anni Sessanta che videro la comparsa dall’Estetica di Lukács. Ma questi anni recenti dimostrano, a nostro avviso, che la sua parte dedicata ai sistemi linguistici assume oggi una validità spesso superiore alle altre sue parti che, a differenza di questa, sono state fatte oggetto di molteplici e dettagliate trattazioni.