di Sergio Segre
«L’Unità», 29 marzo 1957
Secondo voci che circolano con insistenza a Budapest
L’illustre filosofo avrebbe rotto con il gruppo di Imre Nagy – Funzione positiva del nuovo Circolo Tancsics – Nessun monopolio amministrativo nella vita intellettuale
BUDAPEST, marzo.
Il ritorno in Ungheria di Giorgio Lukács potrebbe avvenire a uuna scadenza relativamente breve. La voce circola con insistenza nei più qualificati ambienti intellettuali di Budapest, dove si parla apertamente di una rottura che si sarebbe verificata in Romania fra Lukács e l’ex-premier Imre Nagy. Secondo alcune informazioni da Sinaia, il prof. Lukács sta attualmente scrivendo un saggio sull’etica, dopo aver ricevuto a più riprese da Budapest la vasta bibliografìa occorrentegli.
Ancora l’altro giorno il redattore capo del Magyarorszag, settimanale culturale organo del Circolo Tancsics, ci dichiarava che «Lukács gode tuttora della massima stima nel partito e fuori. La sua assenza da Budapest ha commosso tutti gli intellettuali comunisti, i quali sperano che non si tratterrà più a lungo in Romania». Il Circolo Tancsics va lentamente prendendo nella vita intellettuale dell’Ungheria, in senso positivo, la funzione avuta a suo tempo, in senso inverso, dall’ex-Circolo Petöfi. L’iniziativa della creazione del Tancsics è venuta da un gruppo di vecchi comunisti del 1919, rimasti esclusi da ogni attività importante durante la direzione di Rakosi, e ha già ottenuto alcuni risultati rimarchevoli.
Nella sola Budapest, dove l’attività è stata più intensa in queste ultime settimane, il numero degli iscritti è già di 1.200 e le richieste attualmente in esame ammontano a diverse centinaia. Il settanta per cento dei membri è costituito da vecchi compagni del 1919, e solo il trenta per cento da giovani entrati nel partito dopo il 1945.
Il Circolo si divide in una ventina di sezioni, da quella economica a quella delle arti figurative, e si prefigge di permettere per l’avvenire un intenso contatto fra la direzione del partito e tutti gli intellettuali del paese.
Alcune riunioni di carattere teorico si sono già tenute o sono in programma, fra cui una, il 2 aprile, dedicata ai problemi della politica estera.
Uno degli obiettivi del Circolo è il ricupero, sul piano ideologico, di molti degli intellettuali che presero parte alle attività del Circolo Petöfi e che si trovano ancora ora in uno stato di disorientamento. Alcuni di questi, anche se in numero estremamente ridotto, hanno già aderito ai Tancsics. Va osservato, tuttavia, che per poter entrare in esso bisogna avere già militato nel periodo clandestino, o venire presentati da due vecchi comunisti. Altri intellettuali, fra cui il commediografo Nemeth [László Németh, ndr], autore del «Galileo», hanno accettato, la settimana scorsa, il «Premio Kossuth» conferito dal governo in riconoscimento dei loro meriti artistici.
Per le prossime settimane è anche preannunciato un dibattito sui Consigli operai, un tema, questo, che viene attualmente esaminato attentamente in sede teorica alla luce, anche, delle esperienze fatte in proposito in Jugoslavia e in Polonia.
L’intenzione del Circolo, ci dichiarava ieri il suo presidente, Gyula Hervesi, non è quella di esercitare, per mezzo di facilitazioni amministrative, una sorta di monopolio esclusivistico nella vita intellettuale e scientifica dell’Ungheria. Il suo fine è solo quello di riunire gli intellettuali comunisti (iquali operano, poi, nelle differenti accademie e associazioni) e dar loro la possibilità di condurre, sulla base del marxismo, dibattiti intellettualmente elevati.
L’articolo di Revai
Alla luce di questa necessità di una chiarificazione ideologica, va anche vista la polemica tuttora viva sullo articolo recentemente pubblicato da Jozsef Revai nell’organo centrale del Partito.
Con questo suo scritto Revai, ritornato recentemente a Budapest dall’Unione Sovietica, dove si trovata per curarsi di una grave malattia, rimproverava alla direzione del Partito operaio socialista di avere assunto sul piano ideologico certe posizioni che potevano apparire come un compromesso, e di non condurre praticamente la lotta su due fronti, ma solo contro la vecchia direzione di Rakosi, benché questa, a differenza del gruppo di Imre Nagy, non si sia macchiata di tradimento. L’articolo conteneva, senza dubbio, un gran numero di rilievi ingenui (come l’accusa all’organo centrale del Partito di non aver pubblicato, per alcune settimane del mese di novembre, la manchette «Proletari di tutti i paesi, unitevi») e soffriva di una impostazione categorica, compiendo inoltre l’errore tattico, come ritengono quasi tutti i compagni ungheresi, di svolgere una forte critica verso la direzione di Kadar proprio nel momento in cui è più necessaria, attorno ad essa, l’unità di tutti i comunisti.
Discussione ideologica
Fatte queste doverose costatazioni, è però necessario sottolineare che tutte le illazioni tratte in occidente da tale episodio sono assolutamente campate in aria. L’articolo di Revai non vuole affatto aprire la strada a impossibili ritorni, ma si prefigge soltanto l’intenzione, certamente giusta, di recare un contributo o. meglio, di dare inizio ad una discussione di carattere ideologico destinata a rafforzare le file del nuovu Partiti».
Molti compagni intellettuali, nel dibattito sviluppatosi sinora sulle colonne dell’organo del Partito e sul settimanale culturale, hanno rilevalo come elemento negativo dell’articolo la completa mancanza di una posizione autocritica, benché Revai abbia diretto per lunghi anni, prima del 1953,. la politica culturale del Partito, non che il fatto che esso continua a mettere in luce quel contrasto fra la teoria e la pratica il quale è stato uno dei motivi di fondo che hanno preparato la situazione in cui sono potuti nascere gli avvenimenti di ottobre.