di Enzo Traverso
da Dialettica dell’irrazionalismo. Lukács tra nazismo e stalinismo, Ombre Corte, Verona 2022
L’unica alternativa efficace all’irrazionalismo, spiega Lukács, era il marxismo, ma solo quello ufficiale, il marxismo-leninismo nella sua versione sovietica (nel 1952, egli non osava citare un solo marxista “eretico”). Non presta attenzione a Ernst Bloch e neppure a Karl Korsch, ma mette in guardia nei confronti di Herbert Marcuse, di cui cita soltanto la tesi, L’ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità (1932), un’opera giovanile dagli accenti fortemente heideggeriani1. Un libro come Ragione e rivoluzione (1941), che Marcuse scrisse in difesa di Hegel contro il fascismo, è semplicemente ignorato. Allo stesso modo viene trascurata la tradizione del liberalismo neokantiano, in particolare un monumento filosofico alla ragione come La filosofia dell’illuminismo (1932) di Ernst Cassirer. La distruzione della ragione si conclude tuttavia con un ardente elogio di Heinrich e Thomas Mann, due scrittori “borghesi” che non avevano ceduto al “decadentismo pessimistico-nichilistico dei loro contemporanei” ed erano stati capaci, con coraggio e determinazione, di “fare i conti senza pregiudizi col socialismo, con la grande forza progressiva del nostro tempo, con l’avvenire”2. Essi appartenevano a una lunga tradizione di scrittori “borghesi” che avevano fatto la scelta del progresso e dell’umanesimo, contro le potenze dell’oscurantismo, una tradizione alla quale appartenevano figure come Émile Zola, William Morris, Anatole France, Romain Rolland, George Bernard Shaw e Theodore Dreiser.
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