Quando Lukács si ribellò ai mastini del bolscevismo

di Antonio Carioti

«Corriere della sera», 8 luglio 2007


Non si arrese subito György (o Georg, alla tedesca) Lukács. Quando il suo libro Storia e coscienza di classe, uscito nel 1923, fu stroncato dai cani da guardia dell’ortodossia sovietica, che lo accusavano di «soggettivismo», il filosofo marxista ungherese rispose per le rime in un opuscolo dal titolo Codismo e dialettica. Ma quel testo non fu pubblicato e lo stesso autore preferì relegarlo nell’oblio. Solo settant’anni dopo, crollata l’Urss, è stato ritrovato negli archivi sovietici. Ed ora vede la luce in Italia, con il titolo Coscienza di classe e storia (pagine 166, € 22), presso le Edizioni Alegre, a cura di Marco Maurizi, con una postfazione dello studioso sloveno Slavoj Žižek.

Il dato interessante della polemica è che Lukács era convinto di aver fornito nel suo libro l’interpretazione filosofica autentica del leninismo, attraverso la sottolineatura del ruolo del partito comunista nel processo rivoluzionario. Di fronte a un proletariato che di fatto non aveva una coscienza di classe corrispondente al livello reso possibile dallo sviluppo dei mezzi di produzione, spettava all’avanguardia comunista, secondo il filosofo magiaro, fare in modo di elevarla al grado più alto raggiungibile. I suoi fustigatori ribattevano che in questo modo si sostituiva alla coscienza di classe reale degli operai una pura astrazione. Di fatto, notava Lukács, ricalcavano la posizione dei menscevichi, che giudicavano la Russia immatura per la rivoluzione.

La vicenda fu «amara e grottesca», scrive Maurizi, perché senza dubbio la visione di Lukács era più rispondente allo spirito volontaristico che aveva indotto i bolscevichi a prendere il potere. Ma contro di lui e altri comunisti eretici si era pronunciato nel 1924 Grigorij Zinoviev, presidente del Comintern, tuonando contro il «revisionismo teorico» dei pretenziosi «professori». Non c’erano margini di dissenso per chi volesse evitare la rottura con il Cremlino. Così lo studioso ungherese finì per piegarsi, sconfessando Storia e coscienza di classe. Il testo pubblicato da Alegre ha invece il merito di restituirci un Lukács senza abiure, ancora immune dallo stalinismo, simile a quello che nel 1956 si sarebbe schierato con gli insorti ungheresi.

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