Carteggio Lukács-Morante

Introduzione e note di Antonino Infranca

in Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021.


L’interesse di György Lukács per le opere della Morante è ben anteriore al periodo in cui i due si scambiarono le lettere che qui presentiamo. In una lettera dell’8 novembre 1957, indirizzata a Cesare Cases, Lukács chiedeva che gli fossero inviati i libri della Morante, tradotti in lingua a lui accessibile. È noto, infatti, che Lukács non parlasse affatto l’italiano e che lo leggesse, per altro, con grande difficoltà – come confessa in una delle lettere spedite alla Morante. Fu Cesare Cases che gli diede per la prima volta notizia delle opere di Elsa Morante; e Lukács lo invitò anche a scrivere saggi su di lei – lettera del 26 febbraio 1958. Il nome della Morante ricorre spesso nella corrispondenza tra Cases e Lukács. In un’altra lettera del 12 gennaio 1958, Cases riporta a Lukács l’emozione che la Morante provò, apprendendo dall’Unità che Lukács, durante il periodo di deportazione in Romania nel 1956-57, avrebbe trovato persino il tempo di leggere Menzogna e sortilegio.

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Introduzione

di Antonino Infranca

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.


In questo volume sono riunite dieci delle numerosissime interviste che il vecchio Lukács concesse negli ultimi anni della sua vita. Si va dal dicembre 1963 fino a poche settimane prima della sua morte, nel giugno 1971.

Gli argomenti si ripetono, come è naturale che avvenga in quanto le interviste sono concesse sempre a interlocutori diversi, ma anche quando avvengono queste ripetizioni, il lettore si renderà conto che la seconda o terza volta che Lukács tratta di un argomento lo fa in una forma nuova, più approfonditamente, più dettagliatamente, il che denota il fatto che abbia riflettuto sul tema, lo abbia ridefinito, lo abbia considerato da una prospettiva ogni volta diversa. Continua a leggere

La teoria lukacsiana del rispecchiamento estetico

di Béla Királyfalvi

da Lukács negli scritti di..., a c. di G. Oldrini, ISEDI, Mondadori, Milano 1979.


Béla Királyfalvi, di origine ungherese, insegna letteratura drammatica alla Wichita State University del Kansas.
Diamo qui di seguito la versione integrale di un capitolo, il IV («The Theory of Aesthetics Reflection»), del suo volume The Aesthetics of Gydrgy Lukacs, Princeton University Press, Princeton-London, 1975, pp. 54-70.

* * *

Una volta che Lukács comincia a dare contributi sistematici all’estetica marxista (dall’inizio degli anni trenta), la teoria del rispecchiamento estetico acquista un’importanza centrale nelle sue opere. Quattro decenni di scritti contengono innumerevoli esempi, illustrazioni, chiarificazioni, definizioni negative, analogie e riferimenti alle precedenti e contemporanee autorità in argomento, mai però l’ultima definizione conclusiva al modo, poniamo, di Aristotele. Il motivo è semplice: la dialettica materialistica non permette definizioni conclusive (che sono statiche), bensì soltanto «determinazioni» flessibili. La teoria continua a evolversi in lui fino all’Estetica (1963) e, mentre il concetto di rispecchiamento estetico è, nel suo nocciolo, semplice, la sua interrelazione con altri importanti principi estetici è notevolmente complessa. A causa della complessità del problema, quanto qui segue è un che di mutilo, benché speriamo non di distorto, senza il beneficio del contenuto dei tre capitoli successivi. Eppure è necessario, per amor di chiarezza, iniziare con una discussione relativamente isolata del concetto, perché la teoria del rispecchiamento estetico forma senza dubbio l’ossatura e la spina dorsale dell’intero sistema estetico di Lukács. Continua a leggere

Weber, Lukács e il marxismo “occidentale”

di Maurice Merleau-Ponty

da Lukács negli scritti di..., a c. di G. Oldrini, ISEDI, Mondadori, Milano 1979.


Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), noto esponente dell’esistenzialismo francese di sinistra, ha insegnato filosofia alla Sorbona, all’École Normale e, dal 1952 in poi, al Collège de France. Tra le sue opere: La structure du comportement, Paris, 1942 (trad. it. Bompiani, Milano, 1963); Phénoménologie de la perception, Paris, 1945 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1965); Humanisme et terreur. Essai sur le problème communiste, Paris, 1947 (trad. it. Sugar, Milano, 1965); Sens et non sens, Paris, 1948 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1962); Les aventures de la dialectique, Paris, 1955 (trad. it. SugarCo, Milano, 1965); Signes, Paris, 1960 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1967); Le visible et l’invisible, Paris, 1964 (trad. it. Bompiani, Milano, 1969).

Il saggio che segue è tratto, per stralci, dal cap. II delle già cit. Aventures de la dialectique, nella traduzione di Franca Madonia (Umanesimo e terrore e Le avventure della dialettica, con pref. di Andrea Bonomi, SugarCo, Milano, 1965, pp. 238-42, 248-56, 263-65). Continua a leggere

Su Lukács

di Delio Cantimori

da Interpretazioni tedesche di Marx, in Studi di storia, vol. I, Einaudi, Torino 1959, pp. 210-227.


XII.

Non si riferisce espressamente al Troeltsch, almeno nelle opere che abbiamo potuto esaminare, ma riprende almeno in parte quei problemi, un filosofo che molto si è occupato del pensiero di Marx, e che è anche un uomo d’azione, György Lukács, del quale molto oggi si torna a parlare. Il Lukács, ungherese di nascita, ha studiato pare a Heidelberg nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, dedicandosi a studi di estetica.

Secondo L. Goldmann (Mensch, Gemeinschajt und Welt in der Philosophie I. Kants, Zürich 1945), il Lukács sarebbe stato scolaro del filosofo E. Lask, uno dei rappresentanti della filosofia dei valori, come anche il filosofo esistenzialista Heidegger, che secondo il Goldmann sarebbe stato una specie di antagonista del Lukács: «Il libro di Heidegger (Sein und Zeit) è una discussione con quello di Lukács dal punto di vista di una filosofia dell’angoscia e della morte» (p. 245). Abbiamo del Lukács vari scritti di estetica: di teoria dell’estetica nel periodo precedente all’altra guerra mondiale, di critica letteraria nei tempi più recenti. Ma non sono questi che ci interessano in questa sede. Si tratta piuttosto di un libro assai discusso al suo apparire, poi tornato di moda negli ultimi anni, nonostante che l’autore lo abbia rifiutato, dicendo di non accettarne pili le conclusioni (secondo il Goldmann, nel 1938), e che in seguito alle discussioni da esso sollevate egli abbia, da molto tempo prima, abbandonato queste ricerche (si veda per esempio l’importanza attribuita dal Warynski, del quale abbiamo già parlato, a questa vecchia opera del Lukács). È la raccolta di saggi e articoli intitolata Storia e coscienza di classe (Geschichte und Klassenbewusstsein), pubblicata nel 1923, a Berlino. Il sottotitolo è: Studi sulla dialettica marxistica. Siccome circolano alcune leggende su questo libro, che sarebbe stato fatto scomparire dall’autore, ritirato dalla circolazione, ecc., non sarà inutile dare qualche indicazione bibliografica. Il libro consta di una prefazione e di otto saggi, dei quali il più lungo è quello intitolato La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, diviso in tre parti (il termine Verdinglichung, crediamo, è stato coniato dal Lukács stesso: questi si riferisce fin da principio al celebre primo capitolo del primo libro del Capitale, dove è analizzato il carattere di cosa che assume un rapporto, una relazione fra persone umane. Rammentate: Ding = cosa). Gli altri saggi sono: Che cosa significa marxismo ortodosso, che risale al marzo 1919; Rosa Luxemburg come marxista, del gennaio 1921; Coscienza di classe, del marzo 1920; Il cambiamento della funzione del materialismo storico, che è il discorso inaugurale dell’Istituto di ricerche per il materialismo storico di Budapest, del giugno 1919; Legalità e illegalità, del luglio 1920; Osservazioni critiche alla «Critica della rivoluzione russa» di Rosa Luxemburg, del gennaio 1922; e infine: Osservazioni metodologiche sulla questione della organizzazione, del settembre 1922. La prefazione è datata: Wien, Natale 1922. Come vedete, non si tratta di un trattato o di un libro concepito organicamente, ma di vari saggi, di vario carattere, raccolti attorno ad uno scritto
filosofico, La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, che si divide in tre parti: il fenomeno della Verdinglichung; le antinomie del pensiero borghese; il punto di vista del proletariato. Continua a leggere

Lukács dal dramma moderno al romanzo storico

di Guido Lucchini

«Strumenti critici» XXVI, n. 3, ottobre 2011


Quando nel 1965 Cases presentò al pubblico italiano Il romanzo storico, scritto negli anni 1936-37 durante l’esilio moscovita, con una breve introduzione1, non erano state ancora pubblicate opere fondamentali, da Storia e coscienza di classe, all’incompiuta Estetica di Heidelberg, al giovanile Dramma moderno, per non dire la voce “romanzo” della Literaturnaja enciklopedija (1935)2, che sarebbe uscita da Einaudi soltanto nel 1976, quando le fortune del pensatore e critico ungherese in Italia cominciavano a declinare. Opere tutte che modificavano sensibilmente l’itinerario intellettuale di Lukács. Infatti nel decennio 1950-60 era stato l’autore degli studi della maturità (da Goethe e il suo tempo a La distruzione della ragione, a Il giovane Hegel) a destare l’interesse in Italia e ad esercitare una certa influenza, con ogni probabilità sopravvalutata, sulla cultura di orientamento marxista. All’inizio degli anni Sessanta si cominciò a conoscere un altro Lukács, quello anteriore alla conversione al marxismo (nel 1962 usci la Teoria del romanzo, preceduta da una lunga introduzione di Lucien Goldmann, nel 1963 L’anima e le forme). Il romanzo storico, col suo intento dichiarato di leggere «il presente come storia», per usare un’espressione del libro divenuta famosa, completava là conoscenza del Lukács successivo alla svolta del 1930, piuttosto che contribuire a un riesame complessivo della sua opera. A distanza di oltre quarant’anni risultano però chiari non solo i grandi meriti del critico e filosofo ma anche i limiti, politici e culturali. Non accenno ai primi, perché d’immediata evidenza. Alla luce di quanto accaduto negli ultimi decenni mi sembra invece inevitabile soffermarmi, sia pure rapidamente, sul secondo punto. Se vi è un elemento di continuità fra il primo e il secondo Lukács, questo deve ravvisarsi anzitutto nella convinzione che i tratti più significativi e le contraddizioni di un’epoca si esprimono principalmente nella cultura. Con un ovvio corollario: gli intellettuali, che siano intesi come categoria dello spirito o della società non è in questo caso di primaria rilevanza, ne sono i legittimi depositari. Ora, nell’ultimo quarto del Novecento la figura dell’intellettuale è di fatto scomparsa. E ci sono fondati motivi per dubitare che il terreno della cultura sia ancora l’ambito privilegiato nel quale si esprimono le contraddizioni e le trasformazioni del presente. Continua a leggere

Dialettica, prassi, rivoluzione. Figure del marxismo critico nei primi anni Venti

di Alberto Burgio

«Filosofia politica» fascicolo 3, dicembre 2016


Dialectics, praxis, revolution. Images of critical Marxism in the early Twenties. The essay compares three main figures of the theoretical Marxism of the early two decades of the 20th century (Lukács, Korsch and Gramsci) stressing the analogies between their reflections under the light of the critique of vulgar Marxism, the revaluation of Hegelian dialectic as a source of historical materialism, the reformulation of the relationship between theory and praxis and the consequent importance acknowledged to the political and historical role of the revolutionary subjectivity.

Keywords: Lukács, Korsch, Gramsci, critical Marxism

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1. Filosofia e rivoluzione

Critica del discorso (dell’«ideologia») e critica della realtà sociale (del capitalismo storico): la traiettoria dell’analisi marxiana investe nel proprio sviluppo questi due ambiti. Nel Marx giovane si tratta essenzialmente della critica della «falsa coscienza» filosofica, diretta in particolare contro Hegel e contro la sinistra hegeliana, ricaduta nelle trappole della speculazione. Nel Marx maturo la critica colpisce senza diaframmi la realtà: la formazione economico-sociale e, nelle cosiddette «opere storiche», le logiche del dominio politico. Contro la semplificazione «materialistica», va tuttavia immediatamente chiarito che permane anche nel Marx maggiore la centralità del tema ideologico. Il capitale è, in ogni suo snodo, al tempo stesso critica del processo di produzione e della sua rappresentazione, nella teoria (l’economia politica classica) e nel senso comune (dove il rapporto sociale si riverbera in forme simboliche). Continua a leggere

Pubblicato un volume che raccoglie scritti inediti del filosofo ungherese

di Antonino Infranca

«il manifesto» 3 gennaio 2004.


Il libro di György Lukács (Testamento politico, Buenos Aires, Herramienta, pp. 188), pubblicato di recente in Argentina in lingua spagnola, contiene materiale in parte del tutto inedito e in parte inedito in italiano. Si tratta di documenti imprescindibili per ricostruire una vicenda esistenziale e una stagione di pensiero importanti di un filosofo del calibro di Lukács, pensatore che è un vero e proprio paradigma del rapporto tra intellettuali e stalinismo. In Italia, la condanna all’oblio decretata da alcuni intellettuali nei suoi confronti è dovuta proprio all’accusa di essere stato uno stalinista. Ma è vero piuttosto il contrario. Vale la pena a questo proposito di leggere alcuni brani tratti soprattutto dall’ultimo saggio del libro, Testamento politico, che dà titolo all’intera raccolta. Il volume contiene scritti che risalgono al periodo post-bellico, dal 1946 al 1971. Tre di essi sono stati pubblicati da tempo in italiano: La visione aristocratica e democratica del mondoI compiti della filosofia marxista nella nuova democraziaLa responsabilità sociale del filosofo, che risalgono agli anni compresi tra il 1946 e il 1950. Pubblicata per la prima volta è una lettera a Cesare Cases dell’8 giugno 1957, cioè dopo il ritorno di Lukács dalla deportazione in Romania, dopo la Rivoluzione Ungherese del 1956. Inediti in italiano sono un’intervista del 1969, il saggio Al di là di Stalin (1969) e uno scambio espistolare con János Kádár, l’allora segretario del Partito comunista ungherese. Il carteggio avvenne nel 1971 in seguito all’intervento di Lukács a favore di due giovani dissidenti ungheresi, Dalos e Haraszti, accusati di maoismo e arrestati. Da questo scambio epistolare nacque l’idea di intervistare il vecchio filosofo per raccogliere le sue ultime riflessioni politiche. Ne sortì il Testamento politico apparso finora soltanto in ungherese nel 1990, cioè dopo la fine del regime, che ne aveva vietato la pubblicazione. Continua a leggere

Una pratica radicale per la libertà

di Marco Gatto

«il manifesto» 13 luglio 2013.


Da poco rientrato nel Partito ungherese di ispirazione socialista dopo una lunga pausa politica, nel 1968 il massimo rappresentate del cosiddetto marxismo occidentale, György Lukács, stava lavorando alla ciclopica stesura dell’Ontologia dell’essere sociale : circa due migliaia di pagine che, nell’intenzione dell’autore, dovevano rimettere in gioco le sorti del marxismo, sganciandolo dalle paludi dello stalinismo e dall’integrazione forzata (la famosa «coesistenza») con il capitalismo liberale. Continua a leggere

Quella felice innovazione sul mondo delle cose

di Stefano Petrucciani

«il manifesto» 21 giugno 2007.


Se il marxismo filosofico è stato, qualsiasi cosa se ne voglia pensare oggi, un tassello fondamentale della cultura del Novecento, in esso un ruolo decisivo fu svolto dal libro che György Lukács scrisse nel 1922 e stampò l’anno dopo, Storia e coscienza di classe. L’occasione per ritornarci sopra è oggi la pubblicazione (per le Edizioni Alegre, con il titolo Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, traduzione di Marco Maurizi, postfazione di Slavoj Žižek, euro 22) della replica che Lukács scrisse, tra il 1925 e il 1926, per rispondere alle accuse che gli erano state mosse dal marxismo ortodosso, e che erano state ufficializzate al quinto congresso dell’Internazionale comunista, tenutosi a Mosca nell’estate del 1924. Continua a leggere