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György Lukács

~ il primo blog in progress dedicato a Lukács

György Lukács

Archivi della categoria: Uncategorized

Dialettica dell’irrazionalismo

27 domenica Nov 2022

Posted by nemo in Uncategorized

≈ 1 Commento

Tag

antisemitismo, La distruzione della ragione, nazismo


di Enzo Traverso

da Dialettica dell’irrazionalismo. Lukács tra nazismo e stalinismo, Ombre Corte, Verona 2022


Paradossalmente, ciò che manca ne La distruzione della ragione è l’irrazionalismo nazista. Dopo aver dedicato centinaia di pagine a spiegare come la maggior parte delle correnti della filosofia tedesca si fossero così profondamente allontanate dall’eredità dell’Aufklälrung, il libro non cerca di studiare la loro incorporazione in una nuova forma razzista e imperialista di irrazionalismo. Non dedica alcun capitolo alla Weltanschauung nazista, che viene quasi ignorata ad eccezione, come abbiamo visto, di alcune citazioni tratte da Der Mythus des zwanzigsten Jahrhunderts di Alfred Rosenberg. Lukács insiste fin dall’inizio sul fatto che, invece di seguire una dinamica interna e “immanente”, la storia dell’irrazionalismo dovrebbe essere messa in relazione con alcune tendenze strutturali del capitalismo tedesco, ma non sembra molto interessato ad analizzare il modo in cui nichilismo, anti-umanesimo, razzismo, nazionalismo e imperialismo siano infine confluiti in una nuova ideologia sincretica. Egli segue il percorso del razzismo europeo da Gobineau a Rosenberg, passando per Gumplowicz, Woltmann e Chamberlain, cioè da un razzismo contemplativo a un razzismo “rigenerativo” che accoglieva le istanze del darwinismo sociale, ma non esamina la nascita di una nuova teoria razziale fondata sul “nordicismo”, l’eugenetica e una nuova concezione geopolitica – biologista e vitalista – dello “spazio vitale” (Lebensraum). Così, i nomi di Hans Günther, il pensatore ufficiale del razzismo nazista (Rassenkunde), Karl Haushofer, il geografo che teorizzò l’espansionismo tedesco in Europa orientale, e Friedrich Ratzel, il geografo del XIX secolo che forgiò il concetto di “spazio vitale”, non appaiono nel libro di Lukács. In generale, sia l’antisemitismo che il colonialismo svolgono un ruolo molto limitato nella sua argomentazione. Mein kampf è menzionato due volte, di passaggio, senza citazioni, come manifesto politico privo di reali connessioni con le teorie dell’irrazionalismo. Sul piano ideologico, sostiene Lukács, il nazismo quasi non esisteva; non fece altro che coagulare le idee dominanti in un programma d’azione. I progetti dell’imperialismo tedesco dovevano prendere la forma di una “rivoluzione nazionale e sociale”, di questo si fecero carico i nazisti. “L’opera di Hitler e dei suoi accoliti – scrive Lukács – consistette nel rispondere a questi bisogni vitali degli ambienti più reazionari dei Junker e del grande capitalismo tedesco. Essi hanno soddisfatto queste esigenze trasferendo l’ideologia dell’estremismo reazionario, convenientemente adattata ai tempi, dai salotti e dai caffè alla piazza”1.

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Elogio funebre a Bertolt Brecht

10 venerdì Giu 2022

Posted by nemo in Uncategorized

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di György Lukács

da http://www.filosofiainmovimento.it

Pubblicato su “Europe”, n°. 133-134, pp. 27-28, janvier-fevrier 1957

Traduzione e presentazione di Antonino Infranca


Il testo che presento al lettore è particolarmente significativo per la personalità dell’autore, György Lukács, e per la personalità del soggetto di cui si parla, Bertolt Brecht: si tratta dell’elogio funebre che Lukács tenne il 18 agosto 1956 in occasione della cerimonia ufficiale per la morte di Brecht, che si tenne presso il Berliner Ensemble. Entrambi erano stati due intellettuali in netta e reciproca opposizione, portatori di due concezioni dell’arte e della critica letteraria radicalmente diverse. A dividerli era sostanzialmente la concezione politica della rivoluzione socialista: per Lukács la rivoluzione socialista avrebbe portato a termine il processo emancipatore della rivoluzione borghese, mentre per Brecht la rivoluzione socialista avrebbe spazzato totalmente il mondo borghese con tutte le sue miserie e disuguaglianze. Da qui discendono due concezioni diverse della letteratura: Lukács è favorevole alla continuazione dell’eredità classica, Brecht è contrario a quest’idea, perché il mondo borghese è sempre più attratto dalla sete di profitto.

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Per Lukács

20 giovedì Gen 2022

Posted by nemo in Uncategorized

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di Marco Gatto

da L’ospite ingrato, 17 gennaio 2022


Si è da poco chiuso un anno lukacsiano. Il cinquantesimo anniversario della morte ha visto sorgere, anche nel nostro paese, più di un’iniziativa di commemorazione (convegni, seminari, libri). Simili ricorrenze si portano dietro sempre un sentimento di nostalgia. Nel caso del più grande critico letterario marxista del Novecento, si aggiungono il disappunto di vederlo spesso ridotto a figura vetusta di un secolo ormai lontano e l’amarezza per l’oblio a cui è destinato anzitutto nella “sua” Ungheria.

Aveva probabilmente ragione un sibillino Cesare Cases, che nel 1985 (a cento anni dalla nascita dell’autore di Teoria del romanzo), introducendo le pagine di Su Lukács. Vicende di un’interpretazione, confessava:

Ha luogo oggi un processo esattamente inverso a quella «appropriazione dell’eredità» di cui parlava Lukács (qui del resto in armonia con l’ufficialità socialista). Non c’è nessuna eredità, tutto è morto ma si disseppellisce periodicamente e si rianima con una trasfusione di sangue (sintetico, naturalmente) perché l’umanità abbia uno spettacolo in più, attinto a un passato che aveva di meglio da offrire. Forse nel 2018 si realizzerà il comunismo per festeggiare il secondo centenario della nascita di Marx, ma durerà un anno solo perché poi ricorrerà quello di qualche reazionario. Così temo che dopo una ventina di congressi e una cinquantina di pubblicazioni si tornerà a non parlare più di Lukács.1

Difficile dargli torto, in un’era in cui i presunti filosofi “radicali” rifanno valere, senza esplicitarla, ma in forme ovviamente libertarie, e in una coesistenza che non è più contraddizione, né paradosso, l’origine heideggeriana del proprio credo (per tacere di altri gerghi dell’autenticità, che riaffiorano inevitabilmente in tempo di crisi). Difficile non essere d’accordo, aggiungendo che l’attuale mercato editoriale ha destinato all’oblio una cospicua parte dei testi di Lukács, alcuni dei quali ormai introvabili.

Mi limito pertanto a segnalare tre contributi – ma è solo un campione – usciti nel ristretto fazzoletto di tempo del biennio 2020-2021, con l’auspicio essi tengano viva l’attenzione su Lukács al di là della mera occasione commemorativa. Hanno difatti il merito di ripresentare – in un momento in cui le ricostruzioni sono più necessarie d’altro – i nodi centrali di un pensiero composito e articolato,2 che solo in un senso assai riduttivo può essere riassunto dalla sua segmentazione in “fasi” (con l’inevitabile e fazioso accento riposto sulle ricusazioni).

In questo senso, è da salutare la riproposizione, curata con intelligenza da Lelio La Porta, di alcune pagine di Giuseppe Prestipino (in maggioranza tratte da un libro importante come Realismo e utopia, in origine uscito nel 2002), sotto il titolo di Su Lukács. Frammenti di un discorso etico-politico3 e con un ricco scritto in appendice, a firma di Velio Abati. Il percorso che va da Storia e coscienza di classe sino alla poderosa Ontologia è riletto da Prestipino con un occhio sempre rivolto al tentativo lukacsiano di rinnovare il marxismo nel momento della sua annunciata dissoluzione. Così come è da segnalare, sempre a cura dell’instancabile La Porta, un utile Lukács chi? Dicono di lui,4 che raccoglie scritti di varia natura sul pensatore ungherese (alcuni di rilevanza storica: da Palmiro Togliatti a Ernesto Che Guevara), nonché il carteggio con Elsa Morante ed Enrico Berlinguer.

Rappresenta una novità di spicco la traduzione nella nostra lingua dei saggi politico-letterari che Lukács scrisse tra il 1946 e il 1948 nel tentativo di partecipare attivamente alla costruzione socialista della società ungherese. Per la cura e traduzione di Antonino Infranca, è possibile leggere questi contributi – accanto ad altri, precedenti o successivi, chiaramente indispensabili per contestualizzare il pensiero dell’intellettuale marxista dopo gli anni a Mosca; e accanto al dibattito che ne scaturì e che sancì l’allontanamento di Lukács dal suo paese – nell’antologia Letteratura e democrazia. Il «dibattito Lukács» (1946-1949) e altri saggi.5 Come scrive il curatore nelle pagine introduttive, «La lotta» ingaggiata dal filosofo «contro le tendenze reazionarie, fasciste e feudali, ancora presenti nella società e nella cultura ungherese del secondo dopoguerra, sia contro le tendenze staliniste interne al partito comunista ungherese»,6 si gioca sia sull’analisi della struttura di classe, sia su uno studio della cultura letteraria coeva, letta come ampio riflesso dell’intera condizione sociale.

Nella preferenza che Lukács accorda al modello del grande realismo borghese, da opporre alle retrive deformazioni di un oggettivismo artisticamente meccanico, riaffiorano senza dubbio le tesi dei grandi saggi degli anni Trenta dedicati a Balzac, Stendhal, Zola, Flaubert e alla letteratura russa (il noto Narrare o descrivere?, ad esempio), che il pubblico italiano ha imparato a conoscere, dagli anni Cinquanta del secolo scorso, grazie alle traduzioni di Cases. I Saggi sul realismo e Il marxismo e la critica letteraria uscirono per Einaudi nel 1950 e nel 1953, incontrandosi con le rinate pagine gramsciane di Letteratura e Vita Nazionale e dando respiro a una ricezione non poco problematica, su cui si dovrebbe tornare a riflettere anche grazie alle pagine, decisive in tal senso, di Fortini.7 Nei contributi di Letteratura e democrazia avremmo, se ce ne fosse bisogno, la conferma della capacità, tutta lukacsiana, di instaurare un percorso dialettico tra fenomeni culturali e condizioni storico-materiali, tra specificità estetica ed eteronomia del campo artistico, insomma tra particolare e universale. Anche e soprattutto alla luce della vera “ossessione” tragica di Lukács: quel tracollo della totalità che, da sinonimo di decadenza ideologica, si fa cartina al tornasole di un più generale cedimento alla logica dell’irrazionalismo (e del particolarismo). I cui esiti, in forma aggravata (e lungi dalla retorica della ricorsività), non sono certo affare del passato.

Eppure, quella tragicità, che permea gli scritti di Lukács sin dai suoi esordi, e che fatalmente oggi lo vedrebbe recuperato tra le schiere degli apocalittici (insieme al “mito” della sua gioventù kierkegaardiana e pre-marxista), non è tutto. Lo ricordava già Fortini, riflettendo sul dibattito con Adorno e sui limiti di una certa lettura del modernismo europeo. E da lì bisognerebbe ripartire ancora una volta:

la categoria della decadenza ha indubbiamente in Lukács un preciso significato storico: ed è legittimo e doveroso approfondirlo, spogliarlo di ogni connotazione moralistica, e (soprattutto criticando l’idea lukacsiana di «personaggio») valutare tutte le grandi opere del decadentismo nelle quali la conflittualità è rappresentata, senza dare eccessiva importanza alla nozione-salvagente di realismo critico, la meno felice di Lukács. Ma al tempo stesso sarà necessario, in un certo senso, ripercorrere a ritroso, per comprenderlo e trarne tutti gli insegnamenti possibili, l’itinerario spirituale di Lukács e chiedersi se per caso il suo risultato non sia invero, pur nelle sue conversioni, quello da Goethe auspicato come la più profonda felicità della personalità: di «condurre a maturazione, al vertice della vita, le tendenze dell’inizio»: che in lui erano la coscienza violenta della opposizione di «vita» e «non vita». Se cioè la totalità e la parzialità, l’alienazione e l’integrità, il realismo e l’antirealismo non siano tuttora componenti obiettive della nostra esistenza e non ci venga richiesto, anzitutto, di non mediarle facilmente, di non mascherarle, di non disporle nella ottimistica «geometria piana» del riformismo.8

Note

1 C. Cases, Su Lukács. Vicende di un’interpretazione, Torino, Einaudi, 1985, pp. XII-XIII.

2 Il più recente bilancio dell’interesse lukacsiano nel nostro paese è costituito dal ricco numero di «Moderna» (nn. 1-2, 2016) curato da Mario Domenichelli e Margherita Ganeri, cui si rimanda.

3 G. Prestipino, Su Lukács. Frammenti di un discorso etico-politico, a cura di L. La Porta, Roma, Editori Riuniti, 2020.

4 L. La Porta (a cura di), Lukács chi? Dicono di lui, Roma, Bordeaux, 2021.

5 G. Lukács, Letteratura e democrazia. Il «dibattito Lukács» (1946-1949) e altri saggi, a cura di A. Infranca, Milano, Punto Rosso, 2021.

6 Ivi, p. 13.

7 F. Fortini, Lukács in Italia [1959], ora in Id., Saggi ed epigrammi, a cura di L. Lenzini, Milano, Mondadori, 2003, pp. 234-267. Sarebbe utile – fosse solo un esercizio di straniamento, certi che non lo sia – rileggere, di questo saggio, un passo assai incisivo: «Noi non abbiamo il diritto di dire “socialismo” come dice Lukács, che nei paesi del socialismo ci vive, bene o male, da venticinque anni; a noi tocca formular di nuovo il come e il dove del socialismo; per questo il momento “ascetico” o “tragico” di Lukács ci tocca tanto, e per questo, pronti a subir ogni accusa di metafisica, non siamo disposti a barattarlo né con le angosce integrate dell’ultima avanguardia né con la neoilluministica pazienza dell’attuale riformismo letterario italiano» (p. 249).

8 Ivi, p. 263.

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Lukács e la dialettica

12 venerdì Nov 2021


Pubblicato da nemo | Filed under Uncategorized

≈ 2 commenti

Alcune caratteristiche dello sviluppo storico della Germania

02 sabato Ott 2021

Posted by nemo in Uncategorized

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di György Lukács

da La distruzione della ragione [1954].


In generale si può dire che il destino, la tragedia del popolo tedesco consiste nel ritardo con cui esso è giunto allo sviluppo borghese moderno. Ma questa affermazione è troppo generica e ha bisogno di essere concretata storicamente. I processi storici infatti sono straordinariamente complicati e pieni di contraddizioni e non si può dire che l’anticipo o il ritardo di per sé presi siano l’uno più vantaggioso dell’altro. Si dia solo uno sguardo alle rivoluzioni democratico-borghesi: da un lato il popolo inglese e francese hanno acquistato un grande vantaggio sul popolo tedesco, avendo combattuto le loro rivoluzioni democratico-borghesi già nel secolo XVII e alla fine del XVIII; ma d’altro lato il popolo russo, proprio in conseguenza del suo ritardato sviluppo capitalistico, ha potuto convertire la sua rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione proletaria, risparmiandosi così sofferenze e conflitti che oggi sussistono ancora per il popolo tedesco. Si deve dunque di necessità considerare sempre il concreto e alterno gioco delle tendenze storico-sociali; con questa riserva si troverà tuttavia che per la storia moderna della Germania, quale è stata fino ad oggi, l’elemento decisivo risiede nel ritardato sviluppo del capitalismo, con tutte le sue conseguenze sociali, politiche e ideologiche. Continua a leggere →

On the Problems of Marxism, Socialism and Democracy

31 lunedì Mag 2021

Posted by nemo in Uncategorized

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György Lukács

Socialism in The World, nn. 46-51, 1985

György Lukács gave this interview in December 1970 to the weekly 7 NAP (a Hungarian-Language weekly published in Yugoslavia), and it is one of his last texts. The interview was given after he was awarded an honorary doctorate (Doctor honoris causa) by Zagreb University for his work in developing marxist philosophy and the humanities in general. The text of the interview was first published in Hungarian in the paper 7 NAP. We are now publishing it for the first time in English to mark the centennial of this outstanding marxist thinker’s birth.


QUESTION: We would like to start this interview with a question that calls for a subjective answer. How do you look back upon your times and your life? Where are you satisfied and where are you dissatisfied with what you have done? You have been honored and you have been humiliated in the past fifty years of your work as a revolutionary and scholar. We know that in 1937 – after the arrest of Béla Kun – even your life was in danger. If you were to write your autobiography, or some similar book, what conclusions would you draw? What does it mean to be a militant marxist for five decades?

Continua a leggere →

Appello dell’INTERNATIONALE GEORG LUKÁCS GESELLSCHAFT

19 sabato Set 2020

Posted by nemo in Uncategorized

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Le possibilità per le persone che vogliono fare la differenza non sono particolarmente grandi. Non c’è tempo in cui non puoi fare nulla.

G. Lukács.

Cari amici del lavoro di Georg Lukács e dell’IGLG,

l’anno prossimo è il 50 ° anniversario della morte di Georg Lukács. Naturalmente, in questa data verrà pubblicato anche il nuovo annuario Lukács 2019/20: 4 giugno 2021.

Attualmente stiamo esaurendo i fondi per i finanziamenti. Se ognuno dei nostri amici desse solo 5 o 10 euro, il finanziamento sarebbe assicurato. Quindi speriamo nel tuo supporto questa volta. Ovviamente sono possibili anche donazioni maggiori.

Ecco le nostre coordinate bancarie:

PADERBORN-DETMOLD

IBAN: DE 85 4765 0130 0016 0021 56

BIC: WELADE3L

Rüdiger Dannemann Presidente di IGLG

ruedannemann@arcor.de

Prefazione

19 giovedì Mar 2020

Posted by nemo in Uncategorized

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I testi>Ontologia dell’essere sociale

L’Ontologia è l’ultimo lavoro e l’ultima grande opera sistematica di György Lukács, morto a Budapest il 4 giugno 1971. Le circostanze della sua composizione, il fatto che l’autore avesse annunciato più volte negli ultimi anni di essere al lavoro su questo argomento, le anticipazioni di qualche suo contenuto che se ne sono avute Lukács vivente1, il modo frammentario in cui finora è stato pubblicato lo stesso testo originale tedesco per le difficoltà incontrate dai curatori nella redazione del manoscritto2, l’uso in campo marxista del termine di «ontologia», con il connesso sospetto di intrusioni metafisiche e cadute idealistiche, hanno fatto sì che intorno a quest’opera si coagulasse un’intensa atmosfera di attesa variamente intonata. E non sono mancati i giudizi definitivi in base a quanto già apparso in pubblico. Continua a leggere →

Il lavoro

16 lunedì Mar 2020

Posted by nemo in Uncategorized

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I testi>Ontologia dell’essere sociale

Per esporre in termini ontologici le categorie specifiche dell’essere sociale, il loro svilupparsi dalle forme d’essere precedenti, il loro legame con queste, il loro fondarsi su di esse, il loro distinguersi da esse, occorre cominciare con l’analisi del lavoro. Naturalmente non bisogna dimenticare che ogni grado dell’essere, nell’insieme e nei dettagli, ha carattere di complesso, vale a dire che le sue categorie, anche quelle più centrali e determinanti, possono venir comprese adeguatamente solo entro e a partire dalla costituzione complessiva del livello d’essere di cui si tratta. E basta uno sguardo superficialissimo all’essere sociale per vedere l’intreccio indistricabile in cui si trovano sue categorie decisive come il lavoro, il linguaggio, la cooperazione e la divisione del lavoro, per vedere che in esso sorgono nuove relazioni della coscienza con la realtà e quindi con se stessa, ecc. Nessuna di queste categorie può venir compresa adeguatamente quando la si consideri isolata; si pensi, ad esempio, alla feticizzazione della tecnica, la quale dopo esser stata «scoperta» dal positivismo, e aver influito profondamente su taluni marxisti (Bucharin), ancora oggi ha un peso non irrilevante, e non solo fra i ciechi esaltatori dell’universalità della manipolazione, di questi tempi tanto apprezzata, ma anche fra chi l’avversa muovendo dai dogmi di un’etica astratta. Continua a leggere →

Lukács sulla sua vita e la sua opera

15 domenica Mar 2020

Posted by nemo in I testi, interviste, Uncategorized

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di György Lukács

a cura di Perry Anderson

Intervista del 1969, pubblicata in “New Left Review”, n. 68, July-August 1971, pp. 49-58.

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.


Anderson – I recenti eventi in Europa hanno posto ancora una volta il problema della relazione del socialismo con la democrazia. Quali sono le fondamentali differenze per Lei tra democrazia borghese e democrazia socialista, rivoluzionaria?

Lukács – La democrazia borghese data dalla Costituzione francese del 1793, che è la sua più alta e radicale espressione. Il suo principio fondamentale è la divisione dell’uomo nel citoyen della vita pubblica e il bourgeois della vita privata – l’uno dotato di diritti politici universali, l’altro espressione di interessi particolari ed economicamente ineguali. La divisione è fondamentale per la democrazia borghese come fenomeno storicamente determinato. Il suo riflesso filosofico si deve trovare in Sade. È interessante che scrittori come Adorno si siano occupati di Sade, a causa del fatto che egli è l’equivalente filosofico della Costituzione del 1793. Continua a leggere →

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