Prima la democrazia, poi la riforma economica

di György Lukács, con János Brener, Georg Klös, Kalman Petković

«Neues Forum», 195/II, marzo 1970

[Questo è il testo completo da cui è tratta la sintesi che il «Corriere della sera» dava il 7 aprile 1970 e pubblicata qui. Si tratta della seconda parte di un’intervista più ampia, la cui prima parte pubblicheremo prossimamente]


Spesso si pensa che il sistema di autogestione dei lavoratori sia una scoperta specifica della Jugoslavia. Non appartiene forse più in generale al concetto di socialismo?

In ogni caso, l’autogestione dei produttori è uno dei problemi più importanti del socialismo. L’autogestione si oppone sia allo stalinismo sia alla democrazia borghese, il cui meccanismo è stato descritto da Marx già negli anni Quaranta. Questo meccanismo si basa sulla contraddizione tra il citoyen, che era un idealista, e il bourgeois, che era un materialista. Lo sviluppo del capitalismo porta il bourgeois a diventare il padrone, il citoyen il suo servitore ideologico. Al contrario, lo sviluppo socialista, prima nella Comune di Parigi, poi nelle due rivoluzioni russe, spinge verso la democrazia dei consigli. Democrazia consiliare significa democrazia nella vita quotidiana. L’autogoverno democratico dovrebbe essere esteso al livello più semplice della vita quotidiana e da lì diffondersi verso l’alto, in modo che alla fine il popolo decida davvero sulle questioni più importanti. Attualmente siamo solo all’inizio di questo sviluppo. Ma le nuove pratiche sviluppate in Jugoslavia contribuiranno senza dubbio alla rivoluzione dei consigli operai in circostanze diverse su ogni strada verso il socialismo.

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Lukács: il marxismo verso la crisi

di Ettore Petta

«Corriere della sera», 7 aprile 1970


Questo è il contenuto di una clamorosa dichiarazione dello studioso ungherese alla «Neues Forum» di Vienna «Gli operai europei non vogliono vivere come quelli russi, ma da veri socialisti»

Vienna 6 aprile, notte.

György Lukács, il massimo filosofo marxista vivente, ha negato che l’Unione Sovietica offra un esempio di stato socialista valido per tutti. Al contrario, «il modo di vita degli operai e dei contadini russi non è affatto socialista per gli operai europei. Fino a quando non saremo riusciti a tradurre la teoria socialista nella pratica quotidiana e fino a quando non riusciremo a realizzare ciò nei paesi socialisti, sarà impossibile ripristinare la potente forza di attrazione posseduta dal socialismo nel 1917 e durata sino ai grandi processi del 1938. E ciò vale anche per il ripristino della solidarietà internazionale nel socialismo».

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Crisi parallele. Intervista a György Lukács

di György Lukács

in «L’utopia concreta. Rivista quadrimestrale», I, n. 1, ottobre 1993
[da «New Left Review», n°60, marzo – aprile 1970].


Compagno Lukács, come giudica la sua vita e l’epoca storica in cui ha vissuto? In cinquantanni di lavoro scientifico e rivoluzionario ha avuto la sua parte di onori e di umiliazioni. Sappiamo anche che è stato in pericolo dopo l’arresto di Béla Kun nel 1937. Se dovesse scrivere un’autobiografia o delle memorie personali, quale lezione fondamentale ne trarrebbe?

Per rispondere brevemente, direi che è stata una mia grande fortuna aver vissuto una vita intensa e densa di avvenimenti. Lo considero come un particolare privilegio di cui ho avuto esperienza negli anni 1917/1919. Poiché provenivo da un ambiente borghese – mio padre era un banchiere di Budapest – e pur attuando un’opposizione piuttosto individuale in «Nyugat»1 – facevo parte tuttavia dell’opposizione borghese. Continua a leggere

Lukács critico dello stalinismo

di Lelio La Porta

«Critica marxista», 1, 2016


È appena stata pubblicata una raccolta antologica di scritti di György Lukács intitolata Testamento politico e altri scritti contro lo stalinismo. In appendice l’interrogatorio della polizia sovietica nel 1941, a cura di Antonino Infranca e Miguel Vedda (Milano, Edizioni Punto Rosso, 2015, pp. 176). I testi raccolti sono: Le visioni del mondo aristocratica e democratica, cioè la relazione tenuta dal filosofo ungherese alla conferenza sulla pace di Ginevra del 1946; I compiti della filosofia marxista nella nuova democrazia, relazione al convegno internazionale che si tenne presso la Casa della cultura di Milano tra il 18 e il 21 dicembre 1947; Libertà e prospettiva: una lettera a Cesare Cases datata 8 giugno 1957; Oltre Stalin del 1969; Epistolario con János Kádár sul caso Dalos-Haraszti del 1970; Testamento politico, testo di un’intervista rilasciata da Lukács fra il 5 e il 15 gennaio del 1971 (morirà il 4 giugno) e pubblicata per la prima volta in ungherese nel 1990. Il Testamento politico è stato tradotto per la prima volta in una lingua diversa dall’originale (lo spagnolo), proprio da Infranca e Vedda (docente di letteratura tedesca presso l’Università della capitale argentina e noto anche per la sua traduzione del Faust di Goethe in spagnolo) e pubblicato nel 2003 in Argentina (Ediciones Herramienta, Buenos Aires, 2003). In italiano, sempre nella traduzione di Infranca, era già comparso in appendice al volume di Tibor Szabó, György Lukács. Filosofo autonomo (Napoli, La Città del Sole, 2005). Continua a leggere

Perry Anderson intervista Lukács (NLR)

di György Lukács

a cura di Perry Anderson

Lukács on his life and work, «New Left Review» n. 68 luglio-agosto 1971.

trad. it. di gyorgylukacs.wodpress.com

 

I recenti eventi in Europa hanno posto ancora una volta il problema del rapporto tra socialismo e democrazia. Quali sono, secondo lei, le differenze fondamentali tra democrazia borghese e democrazia rivoluzionaria socialista?

La democrazia borghese nasce con la Costituzione francese del 1793, la sua più alta e radicale espressione. Il suo principio costituente è la divisone dell’uomo nel citoyen della vita pubblica e nel bourgeois della vita privata, il primo dotato di diritti politici universali, il secondo espressione di particolari e differenti interessi economici. Questa divisione è fondamentale per la democrazia borghese quale fenomeno storicamente determinato. Il suo riflesso filosofico si riscontra in de Sade. È interessante che scrittori come Adorno si siano occupati di de Sade in quanto riflesso della Costituzione del 1793. L’idea cardine, nell’un caso come nell’altro, è che l’uomo sia un oggetto per l’uomo e l’egoismo razionale sia l’essenza della società umana. Ora, è ovvio che qualunque tentativo di ricreare nel socialismo questa forma storicamente superata di democrazia sia una regressione e un anacronismo. Ciò non significa però che le aspirazioni alla democrazia socialista debbano essere affrontate in ottica amministrativa. Il problema della democrazia socialista è un problema reale che non è stato ancora risolto, poiché essa deve essere materialista e non idealista. Mi permetta di fare un esempio. Un uomo come Guevara fu un rappresentante eroico degli ideali giacobini, le sue idee impregnarono la sua vita e la modellarono completamente. Egli non fu il primo caso nel movimento rivoluzionario. Leviné in Germania o Ottó Korvin qui in Ungheria vissero e agirono alla stessa maniera. Bisogna nutrire un profondo rispetto verso una nobiltà umana di questo tipo. Ma il loro idealismo non è quello del socialismo della vita quotidiana, che deve avere una base materiale e fondarsi sulla costruzione di una nuova economia. Tuttavia devo subito precisare che lo sviluppo economico in sé non produrrà mai il socialismo. La dottrina di Chruščëv, secondo la quale il socialismo avrebbe trionfato su scala mondiale quando gli standard di vita dell’URSS avessero superato quelli degli USA, era completamente sbagliata. Il problema deve essere posto in un modo radicalmente opposto. Si può formularlo così: il socialismo è la prima formazione economica nella storia che non produce spontaneamente il suo corrispondente “uomo economico”. Questo perché è una formazione di transizione, un interludio nel passaggio dal capitalismo al comunismo. Ora, poiché l’economia socialista non produce e riproduce spontaneamente l’uomo ad essa corrispondente, come la società capitalista generò il suo homo oeconomicus, cioè la divisione citoyen/bourgeois del 1793 e di de Sade, la funzione principale della democrazia socialista è l’educazione dei suoi membri al socialismo. Questa funzione non ha precedenti né analoghi nella democrazia borghese. È evidente che ciò che oggi sarebbe necessario è la rinascita dei soviet, il sistema di democrazia socialista che sorge ogni volta che si ha una rivoluzione proletaria: la Comune di Parigi nel 1871, la Rivoluzione russa del 1905 e la stessa Rivoluzione di Ottobre. Ma ciò non si realizza nottetempo. Il problema è che gli operai qui sono indifferenti: inizialmente essi non credono in nulla. Continua a leggere

L’uomo e la democrazia

icoUn’analisi dello stalinismo (scritta nel 1968 e rimasta inedita) che è la proposta di una teoria socialista non atrofizzata dal dilemma drogato: o Bernstein o Stalin. Il presente per Lukács  ha ormai due poli: l’uomo come specie (materialmente costituita sulla terra dal mercato mondiale e dalla potenza della tecnica) e l’uomo come persona (che esiste se e quando il singolo uomo vede nell’altro la specie). Questi due poli compongono un campo di realtà sociale la cui forma adeguata è la democrazia della vita quotidiana. Si configura così un orizzonte teorico-politico che pone l’autore oltre la cultura della Terza Internazionale.