Quando Lukács si ribellò ai mastini del bolscevismo

di Antonio Carioti

«Corriere della sera», 8 luglio 2007


Non si arrese subito György (o Georg, alla tedesca) Lukács. Quando il suo libro Storia e coscienza di classe, uscito nel 1923, fu stroncato dai cani da guardia dell’ortodossia sovietica, che lo accusavano di «soggettivismo», il filosofo marxista ungherese rispose per le rime in un opuscolo dal titolo Codismo e dialettica. Ma quel testo non fu pubblicato e lo stesso autore preferì relegarlo nell’oblio. Solo settant’anni dopo, crollata l’Urss, è stato ritrovato negli archivi sovietici. Ed ora vede la luce in Italia, con il titolo Coscienza di classe e storia (pagine 166, € 22), presso le Edizioni Alegre, a cura di Marco Maurizi, con una postfazione dello studioso sloveno Slavoj Žižek.

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L’arte moderna e la grande arte

di György Lukács

«Rinascita-Il Contemporaneo» n. 9, 27 febbraio 1965


Il dialogo con György Lukács che qui riportiamo, si è svolto a Budapest il 7 febbraio 1965. Nel riferire le dichiarazioni rilasciate dalla studioso ungherese, usiamo volutamente una forma discorsiva. Dipende da due motivi. Anzitutto molte risposte hanno, per ammissione dello stesso Lukács, il valore di una prima approssimazione ai problemi che il marxismo si pone oggi in tutti i paesi e in tutti i partiti comunisti. È un contributo, cioè, che lo stesso Lukács considera provvisorio, almeno per quanto riguarda le formulazioni delle proposte da lui fornite. Inoltre dobbiamo avvertire i nostri lettori che alcune affermazioni troppo recise (come i giudizi sulle esperienze letterarie e artistiche contemporanee o la professione di fede «antimodernista») erano pronunciate non senza qualche sfumatura di ironia o di auto-ironia che diventa difficile far balenare in un testo scritto. Per riprodurre almeno in parte il tono di vivacità che il nostro interlocutore ha voluto usare durante il colloquio, abbiamo pensato di riferire le sue dichiarazioni nella forma più diretta.

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Il concetto lukacsiano di dialettica

di István Mészáros

da Lukács. Maestro di pensiero critico, a c. di A. Infranca e R. Mapelli, Edizioni PuntoRosso, Milano 2022.

[Il saggio, pubblicato in inglese nel 1971, venne tradotto in italiano in forma più breve in G. Oldrini, Lukács negli scritti di…, Isedi, Milano 1979. I curatori della versione che qui si presenta hanno inserito nel testo a stampa dei segni grafici per indicare le nuove parti tradotte, che qui però sono state eliminate per comodità di lettura. Sono stati corretti diversi refusi e, lì dove la traduzione non era chiara, sono state suggerite delle possibili traduzioni alternative, poste in parentesi quadre, seguite da un punto interrogativo. Nota dei curatori del sito]


Prefazione

Poco dopo aver terminato la sua Estetica, Lukács diede inizio alla realizzazione di un progetto di lungo termine: scrivere un’Etica sistematica, che sarebbe la sintesi di tutte le sue opere. Produsse un abbozzo senza difficoltà e, in una lettera scritta a Budapest, datata 10 maggio 1962, rivelò la struttura generale dell’opera, esplicitando anche quale sarebbe stato il titolo: Die Stelle der Ethik im System menschlichen Aktivitäten (Il luogo dell’etica nel sistema delle attività umane). Due mesi dopo, nel frattempo, si lamentava che la sua Etica avanzava «molto lentamente. Si è rivelato necessario per me, scrivere prima una grande parte introduttoria sull’ontologia dell’essere sociale e anche questa introduzione avanza molto lentamente» (Budapest, 13 gennaio 1964).

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[Gramsci su Lukács]

di Antonio Gramsci

in Quaderni del Carcere, a cura di V. Gerratana Einaudi, Torino 1975 [ora in Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021].


Q 4, 43. L’«obbiettività del reale» e il Prof. Lukacz È da studiare la posizione del prof. Lukacz verso il materialismo storico. Il Lukacz (conosco le sue teorie molto vagamente) credo affermi che si può parlare di dialettica solo per la storia degli uomini e non per la natura. Può aver torto e può aver ragione. Se la sua affermazione presuppone un dualismo tra l’uomo e la natura egli ha torto perché cade in una concezione della natura propria della religione e anche propria dell’idealismo, che realmente non riesce a unificare e mettere in rapporto l’uomo e la natura altro che verbalmente. Ma se la storia umana è anche storia della natura, attraverso la storia della scienza, come la dialettica può essere staccata dalla natura? Penso che il Lukacz, scontento delle teorie del Saggio popolare, sia caduto nell’errore opposto: ogni conversione e identificazione del materialismo storico nel materialismo volgare non può che determinare l’errore opposto, la conversione del materialismo storico nell’idealismo o addirittura nella religione.

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Prima di morire. Appunti e note di lettura

di Ernesto Che Guevara

da E. Che Guevara, Prima di morire. Appunti e note di lettura, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 56-57 [ora in Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021].


È un libro [Il giovane Hegel]1 di notevole profondità che analizza in maniera esaustiva la filosofia hegeliana giovanile e tenta di spiegarla. Contribuisce a introdurci nella complessa filosofia hegeliana, spiegandone anche il vocabolario insieme alla metodologia. Presenta analisi in grado di fornire molti spunti, tra cui l’affermazione che la dialettica hegeliana non è solo l’opposto di quella materialista, ma ha le sue leggi, i suoi meccanismi, sprofondando in mistificazioni che la trasformano in una palude inestricabile. Ciò che non risulta sufficientemente dimostrato, a mio parere, è che Hegel rappresenti il prodotto delle contraddizioni capitaliste. È un punto da prendere o lasciare senza ulteriori discussioni.

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Dopo cinquanta anni

con György Lukács, Arnold Hauser e altri

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.

Una conversazione per radio tra György Lukács, a Budapest, e Arnold Hauser, a Londra, registrata dalla radio ungherese nell’anno 1969.


Conduttore – Trasmettiamo una conversazione che si sta realizzando tra la BBC londinese e la radiodiffusione ungherese. Nello studio londinese si trova il professore Arnold Hauser, il quale potremo chiamare semplicemente Arnold Hauser, poiché il famoso sociologo dell’arte nacque in Ungheria. Cominciò i suoi studi nella Facoltà di Filosofia dell’Università di Budapest, studiò filologia tedesca e francese, fece amicizia con Karl Mannheim e successivamente con Georg Lukács. Ci è noto il “Circolo della domenica”, sorto nel 1916, tra i cui membri figuravano, oltre a Lukács, Bela Balázs, Karl Mannheim, Frederich Antal, Anna Lesznai[1], Arnold Hauser e altri. È anche conosciuta la “Scuola libera delle Scienze dello spirito”, che sorse da questo circolo e nella quale i membri del “Circolo della domenica” tenevano conferenze di elevato livello accademico, malgrado fosse aperta a tutti. Durante il regime di Horthy la maggioranza dei partecipanti del circolo emigrò: lo stesso Hauser da mezzo secolo sta vivendo all’estero. Lì ha scritto, tra le altre cose, la sua opera principale, la Storia sociale della letteratura e dell’arte, pubblicata recentemente in ungherese. Questo avvenimento ci ha dato l’opportunità di invitare il professore Hauser a partecipare a questa conversazione. Per questo motivo si trovano invitati negli studi di Budapest gli accademici Georg Lukács e Julius Ortutay, il sociologo Tibor Huszár e l’editrice dell’opera di Hauser, Beatrix Kézdy.

In considerazione dell’antica amicizia esistente tra i due saggi chiediamo a Georg Lukács che lo saluti. Continua a leggere

L’ultima intervista

di György Lukács

Intervista registrata il 16 aprile 1971, in una località non distante da Budapest. Tale intervista fu pubblicata per la prima volta in francese, in versione ridotta, da Yvon Bourdet nella rivista L’Homme et la société, n. 20, 1971, pp. 3-12.

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.


Bourdet – La ringrazio di cuore per aver accettato di parlare con me in francese.

Lukács – Deve sapere però che parlo francese molto male, con accento ungherese e una grammatica tedesca. (Lukács ride divertito)

Bourdet – Non è vero. Ho presente la sua intervista alla televisione francese e devo dire che lei si esprime benissimo.

I. Giudizi di Lukács sull’austromarxismo

 

Bourdet – Vorrei prima di tutto porle alcune domande sull’austromarxismo: quando lei andò a Vienna, dopo la prima guerra mondiale e dopo la sconfitta della Repubblica ungherese dei consigli, ha avuto rapporti con i socialisti austriaci?

Lukács – Sì. Sono stato in ottimi rapporti con Otto Bauer. Non bisogna tuttavia dimenticare la situazione di allora: eravamo dei fuoriusciti coi quali, voglio dire contro i quali, il regime poteva, in ogni momento, prendere delle misure anche illegali. Ognuno di noi aveva dovuto dare alla polizia la propria parola d’onore di non immischiarsi minimamente negli affari della politica interna austriaca. Nonostante ciò, come spesso avviene nei circoli dei fuoriusciti, ero stato incaricato, dal Partito comunista ungherese, di tenere certi rapporti, e in particolare il Partito mi aveva ordinato di prendere contatto con Otto Bauer ogni volta che uno di noi fosse, per esempio, minacciato di estradizione, e anche per discutere tutta una serie di altri problemi. Continua a leggere

Weber, Lukács e il marxismo “occidentale”

di Maurice Merleau-Ponty

da Lukács negli scritti di..., a c. di G. Oldrini, ISEDI, Mondadori, Milano 1979.


Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), noto esponente dell’esistenzialismo francese di sinistra, ha insegnato filosofia alla Sorbona, all’École Normale e, dal 1952 in poi, al Collège de France. Tra le sue opere: La structure du comportement, Paris, 1942 (trad. it. Bompiani, Milano, 1963); Phénoménologie de la perception, Paris, 1945 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1965); Humanisme et terreur. Essai sur le problème communiste, Paris, 1947 (trad. it. Sugar, Milano, 1965); Sens et non sens, Paris, 1948 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1962); Les aventures de la dialectique, Paris, 1955 (trad. it. SugarCo, Milano, 1965); Signes, Paris, 1960 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1967); Le visible et l’invisible, Paris, 1964 (trad. it. Bompiani, Milano, 1969).

Il saggio che segue è tratto, per stralci, dal cap. II delle già cit. Aventures de la dialectique, nella traduzione di Franca Madonia (Umanesimo e terrore e Le avventure della dialettica, con pref. di Andrea Bonomi, SugarCo, Milano, 1965, pp. 238-42, 248-56, 263-65). Continua a leggere

Su Lukács

di Delio Cantimori

da Interpretazioni tedesche di Marx, in Studi di storia, vol. I, Einaudi, Torino 1959, pp. 210-227.


XII.

Non si riferisce espressamente al Troeltsch, almeno nelle opere che abbiamo potuto esaminare, ma riprende almeno in parte quei problemi, un filosofo che molto si è occupato del pensiero di Marx, e che è anche un uomo d’azione, György Lukács, del quale molto oggi si torna a parlare. Il Lukács, ungherese di nascita, ha studiato pare a Heidelberg nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, dedicandosi a studi di estetica.

Secondo L. Goldmann (Mensch, Gemeinschajt und Welt in der Philosophie I. Kants, Zürich 1945), il Lukács sarebbe stato scolaro del filosofo E. Lask, uno dei rappresentanti della filosofia dei valori, come anche il filosofo esistenzialista Heidegger, che secondo il Goldmann sarebbe stato una specie di antagonista del Lukács: «Il libro di Heidegger (Sein und Zeit) è una discussione con quello di Lukács dal punto di vista di una filosofia dell’angoscia e della morte» (p. 245). Abbiamo del Lukács vari scritti di estetica: di teoria dell’estetica nel periodo precedente all’altra guerra mondiale, di critica letteraria nei tempi più recenti. Ma non sono questi che ci interessano in questa sede. Si tratta piuttosto di un libro assai discusso al suo apparire, poi tornato di moda negli ultimi anni, nonostante che l’autore lo abbia rifiutato, dicendo di non accettarne pili le conclusioni (secondo il Goldmann, nel 1938), e che in seguito alle discussioni da esso sollevate egli abbia, da molto tempo prima, abbandonato queste ricerche (si veda per esempio l’importanza attribuita dal Warynski, del quale abbiamo già parlato, a questa vecchia opera del Lukács). È la raccolta di saggi e articoli intitolata Storia e coscienza di classe (Geschichte und Klassenbewusstsein), pubblicata nel 1923, a Berlino. Il sottotitolo è: Studi sulla dialettica marxistica. Siccome circolano alcune leggende su questo libro, che sarebbe stato fatto scomparire dall’autore, ritirato dalla circolazione, ecc., non sarà inutile dare qualche indicazione bibliografica. Il libro consta di una prefazione e di otto saggi, dei quali il più lungo è quello intitolato La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, diviso in tre parti (il termine Verdinglichung, crediamo, è stato coniato dal Lukács stesso: questi si riferisce fin da principio al celebre primo capitolo del primo libro del Capitale, dove è analizzato il carattere di cosa che assume un rapporto, una relazione fra persone umane. Rammentate: Ding = cosa). Gli altri saggi sono: Che cosa significa marxismo ortodosso, che risale al marzo 1919; Rosa Luxemburg come marxista, del gennaio 1921; Coscienza di classe, del marzo 1920; Il cambiamento della funzione del materialismo storico, che è il discorso inaugurale dell’Istituto di ricerche per il materialismo storico di Budapest, del giugno 1919; Legalità e illegalità, del luglio 1920; Osservazioni critiche alla «Critica della rivoluzione russa» di Rosa Luxemburg, del gennaio 1922; e infine: Osservazioni metodologiche sulla questione della organizzazione, del settembre 1922. La prefazione è datata: Wien, Natale 1922. Come vedete, non si tratta di un trattato o di un libro concepito organicamente, ma di vari saggi, di vario carattere, raccolti attorno ad uno scritto
filosofico, La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, che si divide in tre parti: il fenomeno della Verdinglichung; le antinomie del pensiero borghese; il punto di vista del proletariato. Continua a leggere

Dialettica, prassi, rivoluzione. Figure del marxismo critico nei primi anni Venti

di Alberto Burgio

«Filosofia politica» fascicolo 3, dicembre 2016


Dialectics, praxis, revolution. Images of critical Marxism in the early Twenties. The essay compares three main figures of the theoretical Marxism of the early two decades of the 20th century (Lukács, Korsch and Gramsci) stressing the analogies between their reflections under the light of the critique of vulgar Marxism, the revaluation of Hegelian dialectic as a source of historical materialism, the reformulation of the relationship between theory and praxis and the consequent importance acknowledged to the political and historical role of the revolutionary subjectivity.

Keywords: Lukács, Korsch, Gramsci, critical Marxism

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1. Filosofia e rivoluzione

Critica del discorso (dell’«ideologia») e critica della realtà sociale (del capitalismo storico): la traiettoria dell’analisi marxiana investe nel proprio sviluppo questi due ambiti. Nel Marx giovane si tratta essenzialmente della critica della «falsa coscienza» filosofica, diretta in particolare contro Hegel e contro la sinistra hegeliana, ricaduta nelle trappole della speculazione. Nel Marx maturo la critica colpisce senza diaframmi la realtà: la formazione economico-sociale e, nelle cosiddette «opere storiche», le logiche del dominio politico. Contro la semplificazione «materialistica», va tuttavia immediatamente chiarito che permane anche nel Marx maggiore la centralità del tema ideologico. Il capitale è, in ogni suo snodo, al tempo stesso critica del processo di produzione e della sua rappresentazione, nella teoria (l’economia politica classica) e nel senso comune (dove il rapporto sociale si riverbera in forme simboliche). Continua a leggere