Convocati dai capi comunisti gli alti ecclesiastici magiari

«Corriere della sera», 11 aprile 1957


L’ex-ministro Lukács torna in Ungheria

Vienna 10 aprile, notte.

Un gruppo di autorità ecclesiastiche ungheresi, guidate dall’arcivescovo József Grősz di Kalocsa si sono incontrate oggi con i capi comunisti per discutere sul conflitto esistente tra il Governo e la Chiesa cattolica e sulle persecuzioni inflitte al cardinale Mindszenty il quale, come è noto, trovasi attualmente rifugiato presso l’Ambasciata americana a Budapest dopo essere stato liberato durante la recente rivolta. Il cardinale Mindszenty è accusato dal Governo Kádár di avere ordinato, dopo la sua liberazione, la sospensione dagli uffici o il trasferimento di quegli ecclesiastici noti in Ungheria col nome di “preti della pace”, i quali hanno collaborato coni vari regimi comunisti succedutisi al potere. Il cardinale, virtualmente isolato dal resto del mondo, non è in grado di difendersi. Prima dell’incontro odierno, l’arcivescovo Grősz si era decisamente rifiutato di cedere alle imposizioni comuniste relative alla questione dei trasferimenti di “preti della pace”, adducendo di non poter interferire nelle disposizioni emanate dalla Santa Sede.

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György Lukács nel ’56

di Miklós Vásárhelyi e Antonino Infranca

Intervista apparsi in Il Ponte, n. 4-5, luglio-ottobre 1987. Tutte le note sono di Antonino Infranca, ora in  Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021.


Miklós Vásárhelyi è stato un conoscente stretto di György Lukács, e anche amico, durante un periodo molto travagliato della vita del filosofo ungherese. Gli fu molto vicino soprattutto durante i tragici giorni dell’ottobre-novembre 1956 e la successiva deportazione in Romania. In questa rievocazione, sotto forma di intervista, Miklós Vásárhelyi ricorda quei giorni, e anche l’intero periodo di amicizia con Lukács. Li ha accomunati la stessa fede nel socialismo, anche se questa fede fu interpretata in modi e forme diverse, perché diverse erano le esperienze dei due. Il vecchio filosofo, formatosi alla dura scuola della lotta clandestina e dell’esistenza nella Mosca degli anni Trenta, vedeva le cose sotto una luce parzialmente diversa. Il colloquio con Vásárhelyi, condotto da questi in un italiano pressoché perfetto, può aiutare a comprendere la partecipazione di Lukács a quegli avvenimenti. Non è soltanto un quadro storico, finora inesistente nella letteratura lukacsiana, ma anche un ritratto morale, di cui la naturale parzialità della testimonianza non sminuisce, al contrario, accresce e ravviva le tinte. Quello che si ha di fronte non è più il freddo e analitico intellettuale, dedito alla politica, ma piuttosto una persona viva e umana, che non solo nella lotta politica, ma anche nella vita quotidiana, continuò a farsi guidare da princìpi etici saldissimi, ispirati alla propria fede ideologica. Si tratta di un uomo che ha saputo vivere il proprio pensiero.

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Giorgio Lukács è tornato in Ungheria

«L’Unità», 11 aprile 1957

Budapest – 10 aprile

L’agenzia MTI ha annunciato questa sera che il filosofo Giorgio Lukács è rientrato in Ungheria.
Precedentemente la stessa fonte aveva comunicato che egli aveva chiesto per lettera che gli fosse consentito di rimpatriare, e aveva ricevuto risposta positiva.

Lukács nella redazione di una rivista filosofica

«L’Unità», 29 aprile 1957

La nuova pubblicazione ungherese sarà settimanale

Il filosofo marxista ungherese Giorgio Lukács riprenderà tra breve la sua attività. Egli, che è stato autorizzato dal governo di Budapest a rientrare in Ungheria, farà parte del comitato di redazione di una rivista settimanale di filosofia di cui sarà redattore capo Bela Pogarati.

L’Ungheria ha festeggiato la liberazione

di Sergio Segre

«L’Unità», 5 aprile 1957


Un messaggio di amicizia e solidarietà del governo polacco. Imminente ritorno di Lukács

János Kádár e gli altri dirigenti del governo e dello Stato hanno deposto stamane, in­sieme ai membri del corpo diplomatico, delle corone di fiori davanti al monumento ai caduti sovietici e all’altare del Milite Ignoto un­gherese, nel dodicesimo an­niversario della Liberazio­ne. In serata il primo mini­stro ha offerto ai parlamen­tari un grande ricevimen­to. Ieri sera, l’anniversario del 4 aprile era stato cele­brato all’Opera di Stato dal ministro György Marosán, il quale aveva rilevato che «i dodici anni di democrazia popolare hanno dato al po­polo ungherese, malgrado tutti gli errori, molto di più di quanto sia stato dato da tutti i secoli precedenti».

Dopo aver ricordato le tappe segnate dalla riforma agraria e dalla industrializ­zazione del paese, Marosán ha reso noto che l’abolizio­ne del sistema delle conse­gne obbligatorie, attuato dal governo Kádár, comporta per i contadini un maggior reddito annuo di quattro miliardi e mezzo di fiorini.

Marosán si è poi intratte­nuto a lungo sugli avveni­menti di ottobre e di novem­bre, rilevando che «senza l’aiuto delle truppe sovieti­che l’Ungheria sarebbe stata travolta dal terrore bianco e da una lunga e terribile guerra civile», ed ha con­fermato l’intenzione del Par­tito di democratizzare la vi­ta del paese, inserendo pra­ticamente il maggior nume­ro possibile di lavoratori nella elaborazione della li­nea politica e nella direzio­ne effettiva della vita del paese.

In occasione del 4 aprile, Budapest ha offerto un qua­dro di assoluta normalità. Le pattuglie di polizia che si po­tevano vedere sulle strade ancora alcune settimane fa, sono quasi completamente scomparse. Per tutta la gior­nata, favorita da un caldo quasi estivo, gli abitanti del­la capitale si sono concessi una «pasquetta» anticipata sulle rive del Danubio.

Fra i messaggi di auguri ricevuti dal governo Kádár, particolare menzione merita un telegramma del governo polacco, in cui si esprimo­no ai dirigenti dello Stato ungherese «le più cordiali congratulazioni e gli auguri di successo nell’edificazione del socialismo e nel raffor­zamento della Repubblica popolare». È stato anche molto favorevolmente com­mentato a Budapest, l’odier­no articolo di fondo dell’or­gano del Partito operaio po­lacco Trybuna Ludu, il qua­le afferma che la creazione, da parte di Kádár, di un go­verno rivoluzionario degli operai e dei contadini «ha rappresentato la sola giusta soluzione».

Vivo interesse ha suscitato la notizia, data ieri personalmente da Kádár, che il famoso filosofo e scrittore marxista Giorgio Lukács ritornerà probabilmente a Budapest.

Nagy e il filosofo Lukács si trovano nei Carpazi.

di Orfeo Vangelista

«L’Unità», 2 dicembre 1956

Nagy e il filosofo Lukács si trovano nei Carpazi. Si precisano i compiti dei Consigli operai

Il Primo ministro Kádár visita le miniere di Tatabanya – Un’intervista con il segretario dei Sindacati ungheresi


 

A Tatabánya, centro minerario a una sessantina di chilometri dalla Capitale ungherese, il primo ministro János Kádár si è incontrato con i rappresentanti dei consigli operai dei minatori.

Tatabánya è una piccola città interamente velata dalla patina scura del carbone. I volti depli uomini recano le tracce del lavoro in miniera: volti duri, permeati dalla polvere sottile dei pozzi. Dopo i moti delle scorse settimane, a Tatabánya è tornata la calma, ma nelle miniere il lavoro viene ripreso con lentezza: la recente paralisi produttiva ha provocato l’allagamento dei pozzi, alcune gallerie e impianti hanno sofferto dello lunga stasi.

Più difficile che altrove si è dunque rivelata la situazione dei bacini minerari, proprio nel momento in cui la ripresa della produzione industriale è subordinata alle forniture di carbone e di materie prime.

Il primo ministro Kádár ha illustrato ai minatori di Tatabánya gli aspetti critici dell’attuale situazione e le cause che l’hanno determinata, sottolineando la necessità di approfondire l’opera chiarificatrice fra le masse lavoratrici, di svolgere una più intelligente attività educativa e orientatrice.

Dal canto loro, i rappresentanti dei consigli hanno parlato con estrema franchezza, esprimendo l’esigenza di un rinnovamento democratico negli apparati amministrativi mediante la gestione autonoma e diretta dei Consigli operai nelle miniere.

In questa occasione, Kádár ha nuovamente ribadito la funzione di direzione economica spettante ai consigli operai.

Su questi ultimi e i loro problemi, ci ha concesso stamane una breve intervista il presidente del Consiglio centrale dei sindacati ungheresi. Sándor Gáspár. «I Consigli operai – ci ha detto Gáspár – sono organi autonomi di direzione della fabbrica, attraverso i quali si realizza la direzione operaia dell’azienda. Essi sono autorizzati a svolgere tutti i compiti relativi alla vita dell’azienda: sistemi di pagamento, piano economico della fabbrica, ripartizione degli utili in base alla quota fissata dagli organi dello Stato, sfruttamento della «capacità libera» della azienda, cioè della parte estranea al completamento del piano, col relativo acquisto delle materie prime e, naturalmente, vendita indipendente dei prodotti.

«Ciò spiepa le caratteristiche principali dei Consigli: essi non sono organi per la difesa degli interessi dei lavoratori, né organi politici, ma di direzione economica.

«Già sono iniziate – ha proseguito Gáspár – le consultazioni per la creazione di organi superiori in ogni settore industriale, simili alle Camere dell’industria. Successivamente, quando la situazione lo permetterà, potrà essere eletto – non su base territoriale – un Consiglio nazionale dei produttori, avente funzioni analoghe a quelle della Camera bassa del Parlamento. Codesti orientamenti sono già largamente condivisi dagli attuali Consigli operai e anche da una parte dei membri del Consiglio centrale provvisorio di Budapest.

«Naturalmente, ciò non vuol dire che in seno agli stessi Consigli provvisori, soprattutto a quelli sorti affrettatamente e su una base scarsamente o per niente rappresentativa, non esistano tendenze ostili a questo orientamento. L’azione chiarificatrice richiederà sicuramente molto tempo, ma è fin d’ora certo che riuscirà ad affermarsi la corrente sorretta dal crescente appoggio delle masse lavoratrici: quella che si ispira ai principi della direzione economica dell’azienda e non a programmi o punti politici di derivazione antidemocratica».

«Quali sono le relazioni – abbiamo chiesto a Gáspár – tra i Consigli operai e i sindacati?»

Gáspár ci ha ricordato l’azione svolta dai sindacati, all’indomani del 23 ottobre scorso, favorevole alla istituzione dei Consigli operai. Furono i sindacati a farsi promotori, sul piano nazionale, di codesta iniziativa. «Oggi – precisa Gáspár – i sindacati appoggiano i Consigli operai. Nella settimana prossima apriremo un corso di studio per presidenti e membri di Consigli, dove verranno approfondite ricerche ed elaborazioni teoriche strettamente pertinenti all’attività e alle nuove esperienze degli organi aziendali. L’obiettivo è di formare presidenti di Consiglio capaci di dirigere una fabbrica».

«Per quale ragione – domandiamo ancora a Gáspár – l’attuale Consiglio centrale provvisorio di Budapest continua a porre al governo questioni e rivendicazioni di carattere politico?»

«Ho già accennato prima alla esistenza di tendenze diverse in seno ai Consigli – ha risposto Gáspár – Lo stesso fatto si verifica evidentemente in seno al Consiglio di Budapest: da una parte vi sono coloro che desiderano collaborare con noi per la ripresa del lavoro, secondo una giusta interpretazione dei compiti e delle finalità proprie di codesti organi, dall’altra si manifestano ancora insofferenze e resistenze di ordine politico, estranee agli interessi immediati del Paese e delle masse lavoratrici».

«E gli operai che ne pensano?»

«La nostra è una situazione di lotta – risponde francamente Gáspár – Nelle maggiori industrie di Budapest, alla Csepel, alla Muvag, alla Ganz, i consigli operai, negli ultimi giorni, meglio orientati da un più attivo intervento delle maestranze, sono sostanzialmente d’accordo con l’impostazione dei sindacati. Sarebbe tuttavia ingenuo pensare che non esistano larghe zone ancora turbate, sconvolte dai recenti avvenimenti. Una settimana fa, quando vi è stata la minaccia dello sciopero di 48 ore la Csepel già assumeva una posizione contraria alla sospensione del lavoro. Oggi la situazione è ulteriormente migliorata».

Le dichiarazioni di Sándor Gáspár, un ex operaio metalmeccanico di 39 anni, eletto lo scorso anno presidente del Consiglio centrale dei sindacati ungheresi, tracciano un profilo esatto della situazione dei Consigli operai, una situazione in lento sviluppo, nella fase iniziale del rinnovamento democratico.

A Budapest frattanto proseguono i lavori di ricostruzione, soprattutto nei quartieri centrali. Accanto a questi sintomi di distensione, bisogna però segnalare episodi di disordine che riaffiorano di tanto in tanto. Gli elementi più irriducibili della controrivoluzione cercano di riaccendere il [illeggibile] col lancio di manifestini ciclostilati annuncianti nuovi scioperi. Non è difficile creare apprensioni e timori in mezzo a gente così turbata dai tragici moti delle scorse settimane: di ciò approfittano i provocatori ed il cammino verso la quiete e la rinascita diviene più lento e difficile. Stasera la radio ha trasmesso un comunicato del Consiglio operaio di Budapest nel quale si attaccano coloro che diffondono manifestini falsi invitanti a scioperi.

Oggi, intanto, abbiamo appreso che l’ex presidente del Consiglio, accompagnato da alcuni suoi amici, tra cui lo scrittore e filosofo Lukács, si troverebbe in una località ai piedi dei Carpazi, nella Transilvania romena, a Sinaia, una ben nota stazione di riposo. Si crede che l’ex primo ministro e i suoi collaboratori siano sistemati in una o più ville della lussuosa stazione climatica, un tempo preferita dai reali di Romania. Un’altra indiscrezione ci ha oggi confermato l’ubicazione della cittadina romena dove attualmente soggiornano Nagy e il suo gruppo. Un collaboratore dell’ex primo ministro avrebbe telefonato ieri direttamente ai suoi parenti a Budapest per informarli della sua ottima sistemazione, del suo buon umore e del tempo magnifico dei Carpazi.