Quando Lukács credeva di essere innamorato

di Claudio Magris

«Corriere della sera», 16 luglio 1983


L’esordio e il congedo del grande saggista

Nel 1971, a ottantasei anni, Lukács, malato di cancro e sofferente di una sclerosi che gli toglieva progressivamente la capacità di concentrazione intellettuale, dichiarò di «non essere più competente a giudicare» l’«Ontologia dell’essere sociale», l’opera filosofica alla cui stesura e revisione aveva dedicato i suoi ultimi anni e che sperava di portare a termine in piena lucidità, battendo in velocità l’avanzata della malattia. Prendendo atto serenamente del proprio decadimento fisico, e di non essere più in grado di dominare e valutare il suo lavoro, lo affidava ai propri allievi, con l’umile e insieme orgogliosa certezza di affidarlo alla storia che — ne era sicuro — non avrebbe potuto trascurare quel libro, lasciarlo cadere nel nulla o sparire nel polverio delle cose.

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Prima la democrazia, poi la riforma economica

di György Lukács, con János Brener, Georg Klös, Kalman Petković

«Neues Forum», 195/II, marzo 1970

[Questo è il testo completo da cui è tratta la sintesi che il «Corriere della sera» dava il 7 aprile 1970 e pubblicata qui. Si tratta della seconda parte di un’intervista più ampia, la cui prima parte pubblicheremo prossimamente]


Spesso si pensa che il sistema di autogestione dei lavoratori sia una scoperta specifica della Jugoslavia. Non appartiene forse più in generale al concetto di socialismo?

In ogni caso, l’autogestione dei produttori è uno dei problemi più importanti del socialismo. L’autogestione si oppone sia allo stalinismo sia alla democrazia borghese, il cui meccanismo è stato descritto da Marx già negli anni Quaranta. Questo meccanismo si basa sulla contraddizione tra il citoyen, che era un idealista, e il bourgeois, che era un materialista. Lo sviluppo del capitalismo porta il bourgeois a diventare il padrone, il citoyen il suo servitore ideologico. Al contrario, lo sviluppo socialista, prima nella Comune di Parigi, poi nelle due rivoluzioni russe, spinge verso la democrazia dei consigli. Democrazia consiliare significa democrazia nella vita quotidiana. L’autogoverno democratico dovrebbe essere esteso al livello più semplice della vita quotidiana e da lì diffondersi verso l’alto, in modo che alla fine il popolo decida davvero sulle questioni più importanti. Attualmente siamo solo all’inizio di questo sviluppo. Ma le nuove pratiche sviluppate in Jugoslavia contribuiranno senza dubbio alla rivoluzione dei consigli operai in circostanze diverse su ogni strada verso il socialismo.

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Il Mandarino meraviglioso contro l’alienazione

di György Lukács

«Rinascita-Il Contemporaneo», n. 37, 18 settembre 1970


A venticinque anni dalla morte di Béla Bartók

La rivista letteraria ungherese Nagyvilág reca nel suo numero dell’agosto scorso il bellissimo saggio di György Lukács per il 25° anniversario della morte di Béla Bartók, che qui riproduciamo nella traduzione di Marinka Dallas. A 85 anni di età, l’insigne filosofo comunista continua la sua straordinaria attività di riflessione sulla storia, la cultura, le lotte del movimento operaio in questo secolo. La rievocazione di Bartók gli offre qui l’occasione per una rimeditazione su tutte le vicende della sua patria da cent’anni a questa parte e sul suo peso culturale nel mondo.

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L’arte moderna e la grande arte

di György Lukács

«Rinascita-Il Contemporaneo» n. 9, 27 febbraio 1965


Il dialogo con György Lukács che qui riportiamo, si è svolto a Budapest il 7 febbraio 1965. Nel riferire le dichiarazioni rilasciate dalla studioso ungherese, usiamo volutamente una forma discorsiva. Dipende da due motivi. Anzitutto molte risposte hanno, per ammissione dello stesso Lukács, il valore di una prima approssimazione ai problemi che il marxismo si pone oggi in tutti i paesi e in tutti i partiti comunisti. È un contributo, cioè, che lo stesso Lukács considera provvisorio, almeno per quanto riguarda le formulazioni delle proposte da lui fornite. Inoltre dobbiamo avvertire i nostri lettori che alcune affermazioni troppo recise (come i giudizi sulle esperienze letterarie e artistiche contemporanee o la professione di fede «antimodernista») erano pronunciate non senza qualche sfumatura di ironia o di auto-ironia che diventa difficile far balenare in un testo scritto. Per riprodurre almeno in parte il tono di vivacità che il nostro interlocutore ha voluto usare durante il colloquio, abbiamo pensato di riferire le sue dichiarazioni nella forma più diretta.

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Una lettera a Togliatti

di György Lukács

Presentiamo la traduzione di una lettera inedita a Togliatti, conservata nell’Archivo Lukács on line.


Budapest, 9 ottobre 1947

Caro compagno Togliatti!

La ringrazio molto per la sua lettera e per l’invito a contribuire alla rivista “Rinascita”. Per me sarà un grande onore se i miei saggi verranno stampati in italiano1.

Nel frattempo, il compagno Korach2 di Bologna mi ha scritto che intende tradurre il mio saggio “L’epistemologia di Lenin e i problemi della filosofia moderna” per la vostra rivista. Il saggio è apparso in ungherese sull’organo scientifico del nostro Partito. Scriverò contemporaneamente al compagno Korach su questo argomento.

Vorrei cogliere l’occasione per rivolgerle una domanda. Questo saggio fa parte del mio libro che sarà pubblicato in ungherese con il titolo “Crisi della filosofia moderna”3 nel corso dell’inverno. Se il partito italiano volesse riflettere su questo libro, sarei lieto di inviargliene una copia da leggere.

Durante l’inverno sarò a Milano e a Roma. Spero che ci sarà l’occasione di fare la vostra conoscenza personale.

Con i migliori saluti

Georg Lukács

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Film, ideologia e culto della personalità

di György Lukács

[Intervista realizzata da Guido Aristarco a Lukács pubblicata su “Cinema nuovo”, n. 188, luglio-agosto 1967].


Abbiamo rivolto a György Lukács le seguenti domande:

1. In varie circostanze, e anche di recente, lei si è riferito con insistenza ai problemi talora angosciosi che il culto della personalità ha proposto al mondo socialista. Non ritiene che nella critica a tale culto ci sia stata e ci sia tuttora una deformazione strumentale e che questa accezione abbia servito da copertura a forme revisionistiche e di sostanziale sfiducia nella metodologia marxiana?

2. Anche noi, con lei, riteniamo che la situazione culturale così come si presenta oggi, esiga una coerente, integrale, razionalmente fiduciosa ricerca marxiana. A cosa attribuire il diffondersi, fra strati intellettuali della “sinistra” di questa sorta di sfiducia nel marxismo?

3. Ci sembra che il cinema rifletta e registri abbastanza esplicitamente (in ispecie attraverso opere di giovani e delle cosiddette “nuove ondate”) tale crisi. Non crede che questa teorizzazione del disimpegno costituisca un appoggio – non sempre disinteressato – offerto alla cultura reazionaria dall’interno dello schieramento di sinistra?

4. Dei film che ella ha avuto occasione di vedere di recente, quali le sembrano più significativi nell’ambito di una indicazione rinunciataria e quali di una indicazione di prospettiva?

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Progresso e reazione nella cultura d’oggi

di Lucio Libertini

«Risorgimento Socialista», Anno VII, n. 7, febbraio 1957.


Il 28 giugno 1956, nel clima del movimento popolare contro la dittatura staliniana di Rákosi, il filosofo Georg Lukács tenne a Budapest, nella sede dell’Accademia politica del partito operaio, una appassionante conferenza; la rivista tedesca Aufbau ne pubblicò, tre mesi dopo, il testo integrale e sul testo tedesco Giorgio Dolfini ne ha fatto una traduzione, che l’editore Feltrinelli ha recentemente pubblicato (G. Lukács, La lotta fra progresso e reazione nella cultura d’oggi, Milano, 1957).

L’interesse di questo documento è molteplice. Da un lato, esso ci testimonia il fervore critico che animava la società ungherese alla vigilia dell’insurrezione; dall’altro, dimostra come un attacco veramente serio contro il dogmatismo ideologico possa essere sferrato proprio sul piano del metodo critico marxista, dal dì dentro della problematica attuale del movimento operaio e non già prendendo in prestito vecchie formule e vecchi schemi. La tesi centrale della conferenza è proprio questa: la critica contro lo stalinismo quale deformazione dogmatica del marxismo. La realtà non è fatta soltanto delle grandi contraddizioni di fondo (capitalismo e socialismo, guerra e pace), ma di una molteplice serie di contraddizioni minori o interne alle contrapposizioni essenziali. Lo stalinismo ignora questa seconda serie di contraddizioni e prospetta un mondo tutto in bianco e nero, con il risultato di rendere astratte e dogmatiche tutte le definizioni. Su questo terreno nasce e fiorisce il settarismo cosiddetto di sinistra, che isterilisce il movimento operaio, e, dove esso è al potere, giustifica le concezioni burocratiche facilitando il distacco dalla realtà. Continua a leggere

Lukács tra ideologia e utopia

di Carlo Finale

Tempo presente, anno IX, n.6, giugno 1964


Il 12 luglio 1921, dopo tre settimane di riunioni, si scioglieva il III congresso della III Internazionale; il 23 luglio l’Esecutivo e il Praesidium riu­niti discutevano la cosiddetta «questione ungherese».

La rivista Kommunismus di Vienna an­dava pubblicando dal 1920 una serie di ar­ticoli e saggi che suscitavano sempre più gravi perplessità nei dirigenti della III Internazionale. La decisione che Esecutivo e Praesidium presero fu drastica: sospen­dere la pubblicazione della rivista. Il 1° settembre 1921 usciva l’ultimo numero della pubblicazione1. Collaboratori della rivista erano, tra gli altri, György Lukács, Josef Révay, S. Fogarasi, Ernst Bettel­heim, tutti fuggiti dall’Ungheria dopo la caduta della Repubblica sovietico-magiara e rifugiatisi a Vienna, dove nel 1920 ave­vano creato, appunto con la rivista Kom­munismus, un centro di animazione ideo­logica agile e spregiudicato, a tal punto da sfiorare l’eresia. Non era un puro caso che Kommunismus ospitasse scritti di Anton Pannekoek e Henriette Roland-Holst, di due cioè degli ideologi della cosiddetta scuola marxista olandese e del movimento di opposizione operaia sconfessato dalla III Internazionale2. Continua a leggere

Lukács chi? Dicono di lui

I carteggi con Elsa Morante, le indicazioni politiche di Togliatti, i giudizi critici di Croce e Fortini e le citazioni lukacsiane negli scritti di Che Guevara. Queste e altre autorevoli voci, assieme a documenti e materiali poco noti, e riunite dal sapiente lavoro storico-critico di Lelio La Porta, ci aiutano a ripercorrere la vita e il pensiero di György Lukács (1885-1971), intellettuale marxista fra i più influenti del secolo scorso. Uno strumento puntuale e affidabile per conoscere la vita turbolenta e tempestosa del pensatore ungherese e il suo impianto storico-filosofico, ancora oggi saldo punto di riferimento per la scienza politica. Contributi di Nicola Abbagnano, Cesare Cases, Carlos Nelson Coutinho, Benedetto Croce, Franco Fortini, Antonio Gramsci, Ferdinando Gueli, Ernesto Che Guevara, Ágnes Heller, Antonino Infranca, Janos Kelemen, Guido Liguori, István Mészáros, Elsa Morante, Zoltán Mosóczi, Aldo Rosselli, Pier Aldo Rovatti, Palmiro Togliatti, Miklós Vásárhelyi.

Intervista sconosciuta del 1968

 

di György Lukács

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.

Traduzione di A. Infranca


Dal 1967 Lukács aveva ripreso la tessera del Posu, il Partito socialista operaio ungherese. György Aczél, l’allora segretario del Comitato Centrale gli chiese di collaborare con i membri dirigenti del partito, sviluppando le sue opinioni sulle questioni politiche e teoriche del momento. Così si preparò la presente intervista, a titolo informativo, fatta pervenire ai membri del Comitato Centrale il 22 luglio 1968.

Lukács e i dirigenti del partito erano arrivati a un comune accordo: in tal modo le questioni trattate e le sue opinioni potevano essere ascoltate, ma non potevano essere rese pubbliche.

La prima parte della presente intervista è dedicata alla personalità politica e teorica di Palmiro Togliatti e, a questo proposito, Lukács si occupa delle questioni teoriche e politiche a lui connesse. Il punto saliente è la prospettiva di una possibile alternativa di sinistra in Europa, analizzando l’articolo di Togliatti su “Capitalismo e riforme di struttura” (Rinascita, 11 luglio 1964), che contiene gli appunti, scritti qualche ora prima della sua morte, sull’unità del movimento operaio internazionale. L’intervista è a cura di Ferenc Fehér. Continua a leggere