Ma Lukács non è cenere

di Franco Fortini

«Corriere della sera», 30 ottobre 1977


C’è una ripresa di attenzione verso il pensatore ungherese dopo che ne era stato decretato il superamento

György Lukács, La genesi della tragedia borghese da Lessing a Ibsen, Editore Sugarco, pagine 158, lire 3 500

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Fra i diciotto e i ventun anni il giovane György Lukács aveva già scritto cinque drammi ibseniani e il suo primo saggio teatrale. Il figlio del direttore della Banca Anglo-austriaca di Budapest era a Berlino fra 1906 e 1907 e vi componeva la Storia dello sviluppo del dramma moderno. Da una successiva edizione in due volumi, del 1911, viene oggi la odierna traduzione italiana in tre tomi. Se ne apra il secondo (La genesi della tragedia borghese da Lessing a Ibsen) e passato lo stupore per la dottrina e le letture incredibili di quel ventiduenne, si riconoscano gli alimenti di una grande cultura centro-europea, che non cessa di nutrirci e, naturalmente, una specifica alta qualità di giudizi e di percorsi.

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L’arte moderna e la grande arte

di György Lukács

«Rinascita-Il Contemporaneo» n. 9, 27 febbraio 1965


Il dialogo con György Lukács che qui riportiamo, si è svolto a Budapest il 7 febbraio 1965. Nel riferire le dichiarazioni rilasciate dalla studioso ungherese, usiamo volutamente una forma discorsiva. Dipende da due motivi. Anzitutto molte risposte hanno, per ammissione dello stesso Lukács, il valore di una prima approssimazione ai problemi che il marxismo si pone oggi in tutti i paesi e in tutti i partiti comunisti. È un contributo, cioè, che lo stesso Lukács considera provvisorio, almeno per quanto riguarda le formulazioni delle proposte da lui fornite. Inoltre dobbiamo avvertire i nostri lettori che alcune affermazioni troppo recise (come i giudizi sulle esperienze letterarie e artistiche contemporanee o la professione di fede «antimodernista») erano pronunciate non senza qualche sfumatura di ironia o di auto-ironia che diventa difficile far balenare in un testo scritto. Per riprodurre almeno in parte il tono di vivacità che il nostro interlocutore ha voluto usare durante il colloquio, abbiamo pensato di riferire le sue dichiarazioni nella forma più diretta.

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Lukács chi? Dicono di lui

I carteggi con Elsa Morante, le indicazioni politiche di Togliatti, i giudizi critici di Croce e Fortini e le citazioni lukacsiane negli scritti di Che Guevara. Queste e altre autorevoli voci, assieme a documenti e materiali poco noti, e riunite dal sapiente lavoro storico-critico di Lelio La Porta, ci aiutano a ripercorrere la vita e il pensiero di György Lukács (1885-1971), intellettuale marxista fra i più influenti del secolo scorso. Uno strumento puntuale e affidabile per conoscere la vita turbolenta e tempestosa del pensatore ungherese e il suo impianto storico-filosofico, ancora oggi saldo punto di riferimento per la scienza politica. Contributi di Nicola Abbagnano, Cesare Cases, Carlos Nelson Coutinho, Benedetto Croce, Franco Fortini, Antonio Gramsci, Ferdinando Gueli, Ernesto Che Guevara, Ágnes Heller, Antonino Infranca, Janos Kelemen, Guido Liguori, István Mészáros, Elsa Morante, Zoltán Mosóczi, Aldo Rosselli, Pier Aldo Rovatti, Palmiro Togliatti, Miklós Vásárhelyi.

István Mészáros racconta Lukács

di István Mészáros

Questa intervista è stata pubblicata nel 1983 nella rivista brasiliana Ensaio; è stata ripubblicata nella rivista on-line Verinotio, n. 10, a. V, ottobre 2009. Traduzione dal portoghese e note di Antonino Infranca.


A diciotto anni entrai all’università. In quell’epoca la vita divenne più facile: non dovevo lavorare, mentre studiavo. Potevo così dedicarmi interamente agli studi. Allora conobbi Lukács in circostanze molto interessanti. Egli era stato attaccato da Révai1 e da altri elementi del Partito.

In che anno?

Nel 1949, io avevo diciotto anni e mezzo.

Lukács fu attaccato per il suo libro “La responsabilità degli intellettuali”?2

Sì, sulla democrazia popolare e altre cose di questo tipo. Due o tre mesi dopo che ero entrato all’università, tentarono di espellermi a causa del mio legame con Lukács. Tuttavia ciò non accadde, studiai con lui e due anni dopo divenni suo assistente. Lavorammo sempre in mutua collaborazione e divenimmo grandi amici, anche con sua moglie, Gertrud, che era una persona meravigliosa.

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Intervista sconosciuta del 1968

 

di György Lukács

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.

Traduzione di A. Infranca


Dal 1967 Lukács aveva ripreso la tessera del Posu, il Partito socialista operaio ungherese. György Aczél, l’allora segretario del Comitato Centrale gli chiese di collaborare con i membri dirigenti del partito, sviluppando le sue opinioni sulle questioni politiche e teoriche del momento. Così si preparò la presente intervista, a titolo informativo, fatta pervenire ai membri del Comitato Centrale il 22 luglio 1968.

Lukács e i dirigenti del partito erano arrivati a un comune accordo: in tal modo le questioni trattate e le sue opinioni potevano essere ascoltate, ma non potevano essere rese pubbliche.

La prima parte della presente intervista è dedicata alla personalità politica e teorica di Palmiro Togliatti e, a questo proposito, Lukács si occupa delle questioni teoriche e politiche a lui connesse. Il punto saliente è la prospettiva di una possibile alternativa di sinistra in Europa, analizzando l’articolo di Togliatti su “Capitalismo e riforme di struttura” (Rinascita, 11 luglio 1964), che contiene gli appunti, scritti qualche ora prima della sua morte, sull’unità del movimento operaio internazionale. L’intervista è a cura di Ferenc Fehér. Continua a leggere

Dopo cinquanta anni

con György Lukács, Arnold Hauser e altri

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.

Una conversazione per radio tra György Lukács, a Budapest, e Arnold Hauser, a Londra, registrata dalla radio ungherese nell’anno 1969.


Conduttore – Trasmettiamo una conversazione che si sta realizzando tra la BBC londinese e la radiodiffusione ungherese. Nello studio londinese si trova il professore Arnold Hauser, il quale potremo chiamare semplicemente Arnold Hauser, poiché il famoso sociologo dell’arte nacque in Ungheria. Cominciò i suoi studi nella Facoltà di Filosofia dell’Università di Budapest, studiò filologia tedesca e francese, fece amicizia con Karl Mannheim e successivamente con Georg Lukács. Ci è noto il “Circolo della domenica”, sorto nel 1916, tra i cui membri figuravano, oltre a Lukács, Bela Balázs, Karl Mannheim, Frederich Antal, Anna Lesznai[1], Arnold Hauser e altri. È anche conosciuta la “Scuola libera delle Scienze dello spirito”, che sorse da questo circolo e nella quale i membri del “Circolo della domenica” tenevano conferenze di elevato livello accademico, malgrado fosse aperta a tutti. Durante il regime di Horthy la maggioranza dei partecipanti del circolo emigrò: lo stesso Hauser da mezzo secolo sta vivendo all’estero. Lì ha scritto, tra le altre cose, la sua opera principale, la Storia sociale della letteratura e dell’arte, pubblicata recentemente in ungherese. Questo avvenimento ci ha dato l’opportunità di invitare il professore Hauser a partecipare a questa conversazione. Per questo motivo si trovano invitati negli studi di Budapest gli accademici Georg Lukács e Julius Ortutay, il sociologo Tibor Huszár e l’editrice dell’opera di Hauser, Beatrix Kézdy.

In considerazione dell’antica amicizia esistente tra i due saggi chiediamo a Georg Lukács che lo saluti. Continua a leggere

L’ultima intervista

di György Lukács

Intervista registrata il 16 aprile 1971, in una località non distante da Budapest. Tale intervista fu pubblicata per la prima volta in francese, in versione ridotta, da Yvon Bourdet nella rivista L’Homme et la société, n. 20, 1971, pp. 3-12.

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.


Bourdet – La ringrazio di cuore per aver accettato di parlare con me in francese.

Lukács – Deve sapere però che parlo francese molto male, con accento ungherese e una grammatica tedesca. (Lukács ride divertito)

Bourdet – Non è vero. Ho presente la sua intervista alla televisione francese e devo dire che lei si esprime benissimo.

I. Giudizi di Lukács sull’austromarxismo

 

Bourdet – Vorrei prima di tutto porle alcune domande sull’austromarxismo: quando lei andò a Vienna, dopo la prima guerra mondiale e dopo la sconfitta della Repubblica ungherese dei consigli, ha avuto rapporti con i socialisti austriaci?

Lukács – Sì. Sono stato in ottimi rapporti con Otto Bauer. Non bisogna tuttavia dimenticare la situazione di allora: eravamo dei fuoriusciti coi quali, voglio dire contro i quali, il regime poteva, in ogni momento, prendere delle misure anche illegali. Ognuno di noi aveva dovuto dare alla polizia la propria parola d’onore di non immischiarsi minimamente negli affari della politica interna austriaca. Nonostante ciò, come spesso avviene nei circoli dei fuoriusciti, ero stato incaricato, dal Partito comunista ungherese, di tenere certi rapporti, e in particolare il Partito mi aveva ordinato di prendere contatto con Otto Bauer ogni volta che uno di noi fosse, per esempio, minacciato di estradizione, e anche per discutere tutta una serie di altri problemi. Continua a leggere

Il nuovo inizio di Lukács. L’ingenua rinascita marxista dell’Ontologia, grande e tragico documento degli anni ’60

di Laura Boella

«il manifesto», 24 luglio 1981


Quasi in coincidenza con il decimo anniversario della morte (avvenuta il 3 giugno 1971) è uscita l’edizione italiana della seconda parte dell’ultima opera di György Lukács, l’Ontologia dell’essere sociale (a cura di Alberto Scarponi, Editori Riuniti, 1981). Il primo volume, uscito nel 1976, aveva carattere prevalentemente storico: comprendeva una discussione con il neopositivismo e l’esistenzialismo, con l’ontologia di Nicolai Hartmann un capitolo sulla «vera e la falsa ontologia» di Hegel e uno sui principi ontologici fondamentali del pensiero di Marx. Già quest’ultimo capitolo anticipava la trattazione più propriamente sistematica del secondo volume, in cui viene trattato il tema del lavoro, la riproduzione, la questione dell’ideologia e l’estraniazione. Continua a leggere

Le sfide di un’opera aperta. Vent’anni fa moriva il filosofo marxista György Lukács  

di Stefano Petrucciani

«il manifesto», 20 luglio 1991.


Vent’anni fa, nel giugno del 1971, moriva a Budapest quello che forse è stato il più grande intellettuale marxista di questo secolo, György Lukács.

Sebbene sia lungo, ormai, il tempo che ci separa dalla sua morte, una valutazione complessiva della sua figura di militante politico e di intellettuale è ancora di là da venire: la sua complessa biografia non si conosce ancora in tutti i particolari, e ciò è vero soprattutto per quanto riguarda la permanenza a Mosca durante il periodo più cupo dello stalinismo (di certo si sa che il grande filosofo ungherese fu arrestato nel 1941, per due mesi, ma in un periodo in cui si era fermata l’ondata di esecuzioni degli anni precedenti). Continua a leggere

L’inafferabile Lukács

di Stefano Petrucciani

«il manifesto», 22 ottobre 1982


L’interrogativo Lukács: hanno visto giusto Ferruccio Masini e Mario Valente nell’intitolare così la parte monografica dell’ultimo fascicolo della rivista Metaphorein, che raccoglie molti contributi utili a ripensare, a più di dieci anni dalla sua morte, l’opera del grande pensatore ungherese. Di Lukács ancora oggi, sembra non si possa parlare che appunto in termini di interrogativo, di problema; sarà per la statura gigantesca del personaggio, che mal si presta ad una rapida digestione storiografica; sarà per gli usi molteplici che ne sono stati fatti, nelle nostre instabili stagioni culturali (vedi il saggio di Valente su Lukács e l’ideologia italiana); sarà, da ultimo, per la ricchezza di articolazioni, di veri e propri rovesciamenti che segnano, in modo singolarissimo, le tappe decisive del suo pensiero vissuto (così s’intitola appunto l’autobiografia di questo grande marxista). Continua a leggere