Il dialogo nella corrente

di György Lukács

da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019.

L’intervista è stata raccolta e pubblicata da Béla Hegyi in A dialógus sodrában (Il dialogo nella corrente), Budapest, Magvető Kiadó, 1978. È stata tenuta nel 1970.


Fu György Lukács a lanciare l’idea del dialogo. In una conferenza tenuta durante l’estate del 1956, egli richiamò l’attenzione sul fatto che «qualche rilevante teologo non desidera ignorare ancora a lungo il marxismo come una variazione del materialismo volgare, ma sente la necessità di un serio dibattito centrato sui suoi problemi. L’“attitudine conciliatrice” del cattolicesimo offre un’opportunità per entrare in contatto, per far partire un dialogo o un dibattito che cinque o dieci anni fa sembrava impensabile».

Lukács non solo fece pressione per il dialogo, ma egli stesso fu attivamente coinvolto in esso. Egli era aperto alla discussione da ogni lato. Sebbene non si stancasse mai nell’argomentare le sue posizioni, rispettò sempre le opinioni delle altre parti, in particolare quando queste convinzioni erano fondate in una fede vissuta e in un orientamento intellettuale e non coinvolgevano una flagrante contraddizione tra fede e azione.

Oggi, a 85 anni, egli è l’uomo più famoso in Ungheria. Per chiunque – marxista e non marxista, credente o non credente – è appassionante ascoltare le sue concezioni.

All’inizio della nostra conversazione egli mi ricorda: «Non do interviste, ma lei può prendere nota».

Più tardi ammorbidisce la sua attitudine: «Non mi importa se pubblicate tutto, a patto che non sia sotto forma di intervista. Durante il mese scorso, così tanti giornalisti sono venuti a vedermi che ne ho avuto abbastanza di loro. Dopo tutto, non sono una stella del cinema, né sono un Nixon che ha risposte stereotipate per tutte le domande, cioè un “immagine”. Sono uno scrittore, risolva questo problema …» Continua a leggere

Su Lukács

di Delio Cantimori

da Interpretazioni tedesche di Marx, in Studi di storia, vol. I, Einaudi, Torino 1959, pp. 210-227.


XII.

Non si riferisce espressamente al Troeltsch, almeno nelle opere che abbiamo potuto esaminare, ma riprende almeno in parte quei problemi, un filosofo che molto si è occupato del pensiero di Marx, e che è anche un uomo d’azione, György Lukács, del quale molto oggi si torna a parlare. Il Lukács, ungherese di nascita, ha studiato pare a Heidelberg nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, dedicandosi a studi di estetica.

Secondo L. Goldmann (Mensch, Gemeinschajt und Welt in der Philosophie I. Kants, Zürich 1945), il Lukács sarebbe stato scolaro del filosofo E. Lask, uno dei rappresentanti della filosofia dei valori, come anche il filosofo esistenzialista Heidegger, che secondo il Goldmann sarebbe stato una specie di antagonista del Lukács: «Il libro di Heidegger (Sein und Zeit) è una discussione con quello di Lukács dal punto di vista di una filosofia dell’angoscia e della morte» (p. 245). Abbiamo del Lukács vari scritti di estetica: di teoria dell’estetica nel periodo precedente all’altra guerra mondiale, di critica letteraria nei tempi più recenti. Ma non sono questi che ci interessano in questa sede. Si tratta piuttosto di un libro assai discusso al suo apparire, poi tornato di moda negli ultimi anni, nonostante che l’autore lo abbia rifiutato, dicendo di non accettarne pili le conclusioni (secondo il Goldmann, nel 1938), e che in seguito alle discussioni da esso sollevate egli abbia, da molto tempo prima, abbandonato queste ricerche (si veda per esempio l’importanza attribuita dal Warynski, del quale abbiamo già parlato, a questa vecchia opera del Lukács). È la raccolta di saggi e articoli intitolata Storia e coscienza di classe (Geschichte und Klassenbewusstsein), pubblicata nel 1923, a Berlino. Il sottotitolo è: Studi sulla dialettica marxistica. Siccome circolano alcune leggende su questo libro, che sarebbe stato fatto scomparire dall’autore, ritirato dalla circolazione, ecc., non sarà inutile dare qualche indicazione bibliografica. Il libro consta di una prefazione e di otto saggi, dei quali il più lungo è quello intitolato La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, diviso in tre parti (il termine Verdinglichung, crediamo, è stato coniato dal Lukács stesso: questi si riferisce fin da principio al celebre primo capitolo del primo libro del Capitale, dove è analizzato il carattere di cosa che assume un rapporto, una relazione fra persone umane. Rammentate: Ding = cosa). Gli altri saggi sono: Che cosa significa marxismo ortodosso, che risale al marzo 1919; Rosa Luxemburg come marxista, del gennaio 1921; Coscienza di classe, del marzo 1920; Il cambiamento della funzione del materialismo storico, che è il discorso inaugurale dell’Istituto di ricerche per il materialismo storico di Budapest, del giugno 1919; Legalità e illegalità, del luglio 1920; Osservazioni critiche alla «Critica della rivoluzione russa» di Rosa Luxemburg, del gennaio 1922; e infine: Osservazioni metodologiche sulla questione della organizzazione, del settembre 1922. La prefazione è datata: Wien, Natale 1922. Come vedete, non si tratta di un trattato o di un libro concepito organicamente, ma di vari saggi, di vario carattere, raccolti attorno ad uno scritto
filosofico, La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, che si divide in tre parti: il fenomeno della Verdinglichung; le antinomie del pensiero borghese; il punto di vista del proletariato. Continua a leggere

Le basi ontologiche del pensiero e dell’attività dell’uomo

György Lukács

La conferenza sulle Basi ontologiche del pensiero e dell’attività dell’uomo fu redatta nei primi mesi del 1968 e doveva essere letta al congresso mondiale di filosofia che si sarebbe tenuto a Vienna nel settembre di quell’anno. Tuttavia, non avendo poi Lukács partecipato a quel congresso, il testo della conferenza fu reso pubblico nel 1969 sia in traduzione ungherese, sia nella stesura originale tedesca. Quanto al contenuto, la conferenza si fonda sulla cosiddetta «grande» Ontologia, il cui manoscritto era allora praticamente già terminato.

Originariamente apparso in italiano in L’uomo e la rivoluzione, Editori Riuniti, Roma 1973, ora Edizioni Punto Rosso, Milano 2013.


I. Chi voglia illustrare in una conferenza, anche soltanto entro certi limiti, almeno i principi più generali di questo complesso problematico, si trova di fronte a una duplice difficoltà. Da un lato bisognerebbe dare un panorama critico dello stato attuale della discussione su tale problema, dall’altro occorrerebbe porre in luce l’edificio concettuale di una nuova ontologia, perlomeno nella sua struttura fondamentale. Per essere in qualche modo esaurienti almeno sulla seconda questione, che è in concreto quella di fondo, dovremo rinunciare a soffermarci, per quanto brevemente, sulla prima. Continua a leggere

Opportunismo e putschismo

di György Lukács

[Opportunismus und Putschismus, 1920]

Scritti politici giovanili 1919-1928, Laterza, Bari 1972.


Nessun comunista perspicace e in buona fede vorrà né potrà nascondere a se stesso che i partiti comunisti (eccetto quello russo) stanno attraversando una grave crisi. Questa crisi, i cui germi erano presenti fin dalla fondazione dei partiti comunisti, e che di tanto in tanto si è acutizzata, si manifestò da principio col prevalere di tendenze putschiste. Il blanquismo, che Bernstein e già lo stesso Marx e tanto maggiormente poi i bolscevichi hanno respinto, faceva infatti capolino nei pensieri e nelle azioni di molti compagni, peraltro onesti e in buona fede: si trattava dell’illusione che la rivoluzione proletaria potesse compiersi di un sol colpo attraverso la decisione e il sacrificio di un piccolo gruppo di avanguardie bene organizzate. E sembra che i partiti comunisti si siano avviati a superare le confusioni di questa dottrina che doveva manifestarsi dappertutto dopo la guerra perduta e in seguito allo sfaldamento dell’apparato statale nell’Europa centrale.

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Littérature, philosphie, marxisme

cover

Questa antologia, curata da Michael Löwy e pubblicata in Francia nel 1978, raccoglie testi di Lukács apparsi sulla rivista «Rote Fahne» tra il 1922 e il 1923. I testi sono coevi alla stesura di Storia e coscienza di classe e sono irreperibili in italiano. Essi offrono molti spunti per riflettere su base testuali concrete sulla reale evoluzione del pensiero lukacciano.

Importanti altresì un documento autobiografico mai tradotto in italiano e un’intervista apparsa del ’69 apparsa sulla «New Left Review» nel 1971, anch’essa mai tradotta in italiano.

La raccolta è preceduta da una prefazione di Löwy.