Lukács non piace ai dogmatici

di Vittorio Saltini

«L’Espresso» n. 25, 23 giugno 1968


Marzio Vacatello, Lukács, La Nuova Italia, L. 1.500.

È questo il primo libro scritto in Italia su Lukács. Mi dispiace di dover dire che non è un libro soddisfacente. L’argomento era troppo impegnativo, e l’autore (malgrado le sue indubbie capacità) troppo giovane per affrontarlo in modo adeguato. E poi, alcuni di questi nostri giovani marxisti nascono alquanto dogmatici. Così essi rifiutano anche Lukács (si veda pure Cesare Pianciola nella nota al libro “Conversazioni con Lukács”, edito da De Donato) non perché il suo pensiero non trovi conferme nella realtà (di questo non si occupano), ma perché non coincide col pensiero di Marx. Dall’alto del loro culto, questi guardiani d’una tomba vuota trattano con grande sufficienza i marxisti non ortodossi come Lukács, della cui «superficialità» Vacatello si lamenta più d’una volta (cioè Lukács risolve con nettezza certe sublimi controversie della scolastica marxista). Ma Lukács sarebbe un ideologo e Marx invece è «scienza». Questi marxisti dogmatici si richiamano apoditticamente alla «scienza marxiana», non già a questa o quella proposizione verificata, scientifica. È vero che un loro maestro, Althusser, indica a volte come marchio e fondamento di scientificità alcune proposizioni di Marx, come quella (la citavo la volta scorsa) secondo cui in ogni società una «determinata produzione» colora di sé tutti gli altri fenomeni sociali. Ma ad esempio questa è, per l’appunto, una proposizione né vera né falsa: è solo un’indicazione di lavoro. La sua validità può essere provata soltanto dalla sua eventuale conferma in singole analisi storico-sociali: che è proprio ciò che questi marxisti si guardano bene dal saper tare (mentre lo ha fatto Lukács!). Gli ortodossi sanno che il mondo deve funzionare conforme alla citazione, e tanto basta. Il loro richiamo a Marx è un atto di fede: è metafisica. Peccato.

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Movimenti di massa antiscientifici del dopoguerra

di  György Lukács

Wissenschaftsfeindliche Massenströmungen in der Nachkriegszeit [1933], da  Wie ist die faschistische Philosophie in Deutschland entstanden? [Come è nata l’ideologia fascista in Germania?], mai tradotto in italiano, a quanto ci risulta, e pubblicato per la prima volta in tedesco a cura di László Sziklai, pubblicazioni dell’Archivio Lukács, Akadémia Kiadó, Budapest (1982), e più recentemente in G. L., Zur Kritik der faschistischen Ideologie, [Critica dell’ideologia fascista] Aufbau, Berlin-Weimar 1989.


Nel dopoguerra la corrente antiscientifica che la filosofia della vita aveva portato in auge andò ben oltre i confini della cosiddetta opinione pubblica scientifica, intesa nel senso più ampio. Gli shock della guerra e del dopoguerra, la profonda disperazione e il sentimento di una condizione senza via d’uscita che attanagliavano masse molto ampie, specialmente della piccola borghesia, l’insicurezza e la mancanza di prospettive per le basi materiali, morali e spirituali, della loro esistenza abituale, la perdita di fiducia nei leader e consiglieri spirituali tradizionali (monarchia, vecchio stato, chiesa, ecc.), produssero un’ideologia della disperazione in queste masse. Essa si presentò in parte come un disperato aggrapparsi ai vecchi “valori” religiosi e morali, in parte – ciò che è qui importante – come una disperata ricerca di una nuova fede a qualsiasi prezzo.

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Lukács chi? Dicono di lui

I carteggi con Elsa Morante, le indicazioni politiche di Togliatti, i giudizi critici di Croce e Fortini e le citazioni lukacsiane negli scritti di Che Guevara. Queste e altre autorevoli voci, assieme a documenti e materiali poco noti, e riunite dal sapiente lavoro storico-critico di Lelio La Porta, ci aiutano a ripercorrere la vita e il pensiero di György Lukács (1885-1971), intellettuale marxista fra i più influenti del secolo scorso. Uno strumento puntuale e affidabile per conoscere la vita turbolenta e tempestosa del pensatore ungherese e il suo impianto storico-filosofico, ancora oggi saldo punto di riferimento per la scienza politica. Contributi di Nicola Abbagnano, Cesare Cases, Carlos Nelson Coutinho, Benedetto Croce, Franco Fortini, Antonio Gramsci, Ferdinando Gueli, Ernesto Che Guevara, Ágnes Heller, Antonino Infranca, Janos Kelemen, Guido Liguori, István Mészáros, Elsa Morante, Zoltán Mosóczi, Aldo Rosselli, Pier Aldo Rovatti, Palmiro Togliatti, Miklós Vásárhelyi.

Prima di morire. Appunti e note di lettura

di Ernesto Che Guevara

da E. Che Guevara, Prima di morire. Appunti e note di lettura, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 56-57 [ora in Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021].


È un libro [Il giovane Hegel]1 di notevole profondità che analizza in maniera esaustiva la filosofia hegeliana giovanile e tenta di spiegarla. Contribuisce a introdurci nella complessa filosofia hegeliana, spiegandone anche il vocabolario insieme alla metodologia. Presenta analisi in grado di fornire molti spunti, tra cui l’affermazione che la dialettica hegeliana non è solo l’opposto di quella materialista, ma ha le sue leggi, i suoi meccanismi, sprofondando in mistificazioni che la trasformano in una palude inestricabile. Ciò che non risulta sufficientemente dimostrato, a mio parere, è che Hegel rappresenti il prodotto delle contraddizioni capitaliste. È un punto da prendere o lasciare senza ulteriori discussioni.

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István Mészáros racconta Lukács

di István Mészáros

Questa intervista è stata pubblicata nel 1983 nella rivista brasiliana Ensaio; è stata ripubblicata nella rivista on-line Verinotio, n. 10, a. V, ottobre 2009. Traduzione dal portoghese e note di Antonino Infranca.


A diciotto anni entrai all’università. In quell’epoca la vita divenne più facile: non dovevo lavorare, mentre studiavo. Potevo così dedicarmi interamente agli studi. Allora conobbi Lukács in circostanze molto interessanti. Egli era stato attaccato da Révai1 e da altri elementi del Partito.

In che anno?

Nel 1949, io avevo diciotto anni e mezzo.

Lukács fu attaccato per il suo libro “La responsabilità degli intellettuali”?2

Sì, sulla democrazia popolare e altre cose di questo tipo. Due o tre mesi dopo che ero entrato all’università, tentarono di espellermi a causa del mio legame con Lukács. Tuttavia ciò non accadde, studiai con lui e due anni dopo divenni suo assistente. Lavorammo sempre in mutua collaborazione e divenimmo grandi amici, anche con sua moglie, Gertrud, che era una persona meravigliosa.

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Weber, Lukács e il marxismo “occidentale”

di Maurice Merleau-Ponty

da Lukács negli scritti di..., a c. di G. Oldrini, ISEDI, Mondadori, Milano 1979.


Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), noto esponente dell’esistenzialismo francese di sinistra, ha insegnato filosofia alla Sorbona, all’École Normale e, dal 1952 in poi, al Collège de France. Tra le sue opere: La structure du comportement, Paris, 1942 (trad. it. Bompiani, Milano, 1963); Phénoménologie de la perception, Paris, 1945 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1965); Humanisme et terreur. Essai sur le problème communiste, Paris, 1947 (trad. it. Sugar, Milano, 1965); Sens et non sens, Paris, 1948 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1962); Les aventures de la dialectique, Paris, 1955 (trad. it. SugarCo, Milano, 1965); Signes, Paris, 1960 (trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1967); Le visible et l’invisible, Paris, 1964 (trad. it. Bompiani, Milano, 1969).

Il saggio che segue è tratto, per stralci, dal cap. II delle già cit. Aventures de la dialectique, nella traduzione di Franca Madonia (Umanesimo e terrore e Le avventure della dialettica, con pref. di Andrea Bonomi, SugarCo, Milano, 1965, pp. 238-42, 248-56, 263-65). Continua a leggere

Su Lukács

di Delio Cantimori

da Interpretazioni tedesche di Marx, in Studi di storia, vol. I, Einaudi, Torino 1959, pp. 210-227.


XII.

Non si riferisce espressamente al Troeltsch, almeno nelle opere che abbiamo potuto esaminare, ma riprende almeno in parte quei problemi, un filosofo che molto si è occupato del pensiero di Marx, e che è anche un uomo d’azione, György Lukács, del quale molto oggi si torna a parlare. Il Lukács, ungherese di nascita, ha studiato pare a Heidelberg nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, dedicandosi a studi di estetica.

Secondo L. Goldmann (Mensch, Gemeinschajt und Welt in der Philosophie I. Kants, Zürich 1945), il Lukács sarebbe stato scolaro del filosofo E. Lask, uno dei rappresentanti della filosofia dei valori, come anche il filosofo esistenzialista Heidegger, che secondo il Goldmann sarebbe stato una specie di antagonista del Lukács: «Il libro di Heidegger (Sein und Zeit) è una discussione con quello di Lukács dal punto di vista di una filosofia dell’angoscia e della morte» (p. 245). Abbiamo del Lukács vari scritti di estetica: di teoria dell’estetica nel periodo precedente all’altra guerra mondiale, di critica letteraria nei tempi più recenti. Ma non sono questi che ci interessano in questa sede. Si tratta piuttosto di un libro assai discusso al suo apparire, poi tornato di moda negli ultimi anni, nonostante che l’autore lo abbia rifiutato, dicendo di non accettarne pili le conclusioni (secondo il Goldmann, nel 1938), e che in seguito alle discussioni da esso sollevate egli abbia, da molto tempo prima, abbandonato queste ricerche (si veda per esempio l’importanza attribuita dal Warynski, del quale abbiamo già parlato, a questa vecchia opera del Lukács). È la raccolta di saggi e articoli intitolata Storia e coscienza di classe (Geschichte und Klassenbewusstsein), pubblicata nel 1923, a Berlino. Il sottotitolo è: Studi sulla dialettica marxistica. Siccome circolano alcune leggende su questo libro, che sarebbe stato fatto scomparire dall’autore, ritirato dalla circolazione, ecc., non sarà inutile dare qualche indicazione bibliografica. Il libro consta di una prefazione e di otto saggi, dei quali il più lungo è quello intitolato La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, diviso in tre parti (il termine Verdinglichung, crediamo, è stato coniato dal Lukács stesso: questi si riferisce fin da principio al celebre primo capitolo del primo libro del Capitale, dove è analizzato il carattere di cosa che assume un rapporto, una relazione fra persone umane. Rammentate: Ding = cosa). Gli altri saggi sono: Che cosa significa marxismo ortodosso, che risale al marzo 1919; Rosa Luxemburg come marxista, del gennaio 1921; Coscienza di classe, del marzo 1920; Il cambiamento della funzione del materialismo storico, che è il discorso inaugurale dell’Istituto di ricerche per il materialismo storico di Budapest, del giugno 1919; Legalità e illegalità, del luglio 1920; Osservazioni critiche alla «Critica della rivoluzione russa» di Rosa Luxemburg, del gennaio 1922; e infine: Osservazioni metodologiche sulla questione della organizzazione, del settembre 1922. La prefazione è datata: Wien, Natale 1922. Come vedete, non si tratta di un trattato o di un libro concepito organicamente, ma di vari saggi, di vario carattere, raccolti attorno ad uno scritto
filosofico, La «Verdinglichung» e la coscienza del proletariato, che si divide in tre parti: il fenomeno della Verdinglichung; le antinomie del pensiero borghese; il punto di vista del proletariato. Continua a leggere

Lukács dal dramma moderno al romanzo storico

di Guido Lucchini

«Strumenti critici» XXVI, n. 3, ottobre 2011


Quando nel 1965 Cases presentò al pubblico italiano Il romanzo storico, scritto negli anni 1936-37 durante l’esilio moscovita, con una breve introduzione1, non erano state ancora pubblicate opere fondamentali, da Storia e coscienza di classe, all’incompiuta Estetica di Heidelberg, al giovanile Dramma moderno, per non dire la voce “romanzo” della Literaturnaja enciklopedija (1935)2, che sarebbe uscita da Einaudi soltanto nel 1976, quando le fortune del pensatore e critico ungherese in Italia cominciavano a declinare. Opere tutte che modificavano sensibilmente l’itinerario intellettuale di Lukács. Infatti nel decennio 1950-60 era stato l’autore degli studi della maturità (da Goethe e il suo tempo a La distruzione della ragione, a Il giovane Hegel) a destare l’interesse in Italia e ad esercitare una certa influenza, con ogni probabilità sopravvalutata, sulla cultura di orientamento marxista. All’inizio degli anni Sessanta si cominciò a conoscere un altro Lukács, quello anteriore alla conversione al marxismo (nel 1962 usci la Teoria del romanzo, preceduta da una lunga introduzione di Lucien Goldmann, nel 1963 L’anima e le forme). Il romanzo storico, col suo intento dichiarato di leggere «il presente come storia», per usare un’espressione del libro divenuta famosa, completava là conoscenza del Lukács successivo alla svolta del 1930, piuttosto che contribuire a un riesame complessivo della sua opera. A distanza di oltre quarant’anni risultano però chiari non solo i grandi meriti del critico e filosofo ma anche i limiti, politici e culturali. Non accenno ai primi, perché d’immediata evidenza. Alla luce di quanto accaduto negli ultimi decenni mi sembra invece inevitabile soffermarmi, sia pure rapidamente, sul secondo punto. Se vi è un elemento di continuità fra il primo e il secondo Lukács, questo deve ravvisarsi anzitutto nella convinzione che i tratti più significativi e le contraddizioni di un’epoca si esprimono principalmente nella cultura. Con un ovvio corollario: gli intellettuali, che siano intesi come categoria dello spirito o della società non è in questo caso di primaria rilevanza, ne sono i legittimi depositari. Ora, nell’ultimo quarto del Novecento la figura dell’intellettuale è di fatto scomparsa. E ci sono fondati motivi per dubitare che il terreno della cultura sia ancora l’ambito privilegiato nel quale si esprimono le contraddizioni e le trasformazioni del presente. Continua a leggere

Dialettica, prassi, rivoluzione. Figure del marxismo critico nei primi anni Venti

di Alberto Burgio

«Filosofia politica» fascicolo 3, dicembre 2016


Dialectics, praxis, revolution. Images of critical Marxism in the early Twenties. The essay compares three main figures of the theoretical Marxism of the early two decades of the 20th century (Lukács, Korsch and Gramsci) stressing the analogies between their reflections under the light of the critique of vulgar Marxism, the revaluation of Hegelian dialectic as a source of historical materialism, the reformulation of the relationship between theory and praxis and the consequent importance acknowledged to the political and historical role of the revolutionary subjectivity.

Keywords: Lukács, Korsch, Gramsci, critical Marxism

* * *

1. Filosofia e rivoluzione

Critica del discorso (dell’«ideologia») e critica della realtà sociale (del capitalismo storico): la traiettoria dell’analisi marxiana investe nel proprio sviluppo questi due ambiti. Nel Marx giovane si tratta essenzialmente della critica della «falsa coscienza» filosofica, diretta in particolare contro Hegel e contro la sinistra hegeliana, ricaduta nelle trappole della speculazione. Nel Marx maturo la critica colpisce senza diaframmi la realtà: la formazione economico-sociale e, nelle cosiddette «opere storiche», le logiche del dominio politico. Contro la semplificazione «materialistica», va tuttavia immediatamente chiarito che permane anche nel Marx maggiore la centralità del tema ideologico. Il capitale è, in ogni suo snodo, al tempo stesso critica del processo di produzione e della sua rappresentazione, nella teoria (l’economia politica classica) e nel senso comune (dove il rapporto sociale si riverbera in forme simboliche). Continua a leggere

Lukács e lo stalinismo. Parla Timor Szabó dell’Università di Szeged

di Stefano Petrucciani

«il manifesto», 20 luglio 1991


La società ungherese, come tutte quelle dell’Est, vive un processo di trasformazione tumultuoso e radicale. Come si ridefinisce, in questo contesto, il rapporto con una figura come quella di Lukács, che tanto peso ha avuto nella cultura ungherese ed europea del ’900?

«Per discutere questo punto – risponde Tibor Szabó, incontrato a Roma, all’Accademia di Ungheria – bisogna tener presente quella che io chiamo la doppia svolta che ha segnato lo sviluppo ungherese nell’ultimo periodo. La prima svolta, nell’88, andava nella direzione di un socialismo riformato: allora Lukács poteva funzionare come un punto di riferimento importante. Proprio nell’88 fu pubblicato per la prima volta in Ungheria il libro sulla democrazia, che Lukács aveva scritto 20 prima: come filosofo che si era sempre battuto per la riforma del socialismo, offriva uno sfondo utile ai comunisti critici che si muovevano in quella direzione. A partire dall’autunno ’89 le cose sono cambiate profondamente: vi è stata una seconda svolta, e le forze che si battevano per un socialismo riformato sono state sostanzialmente emarginate, hanno perso la loro base di consenso. Oggi perciò è forte la tendenza a considerare Lukács nient’altro che un ideologo del marxismo, appartenente quindi a una fase tramontata della storia ungherese». Continua a leggere